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Aborto: una questione di tattica

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Aborto: una questione di tattica

Da delitto a diritto, il passo è breve. Basta mentire. I casi Nathanson e McCorvey

Cristina Tamburini di Cristina Tamburini
24/01/2020
in Cultura
510
Reading Time: 3 mins read
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Aborto: una questione di tattica

Image by Pixabay

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Last updated on Febbraio 14th, 2020 at 01:42 am

In una storica intervista rilasciata a Bruno Vespa il 13 giugno 2006 il macellaio di New York, Bernard Nathanson, personalmente responsabile di più di 75mila aborti, racconta le strategie usate dalla Lega di azione per il diritto d’aborto nella battaglia contro le leggi restrittive, una battaglia iniziata nel 1969, dapprima nel solo stato di New York: «Secondo sondaggi non ufficiali il 99,5% dell’opinione pubblica a New York City era contro la legalizzazione dell’aborto. […] La nostra tattica è stata con piccole varianti, la stessa di quella usata in tutto il mondo occidentale […]. Indicammo così ai mass-media e al pubblico i risultati di un sondaggio fittizio, nel quale, secondo noi un 50-60% degli americani erano favorevoli alla liberalizzazione dell’aborto. La nostra tattica consisteva nell’invenzione di dati frutto di consultazioni popolari inesistenti. Il nostro obiettivo divenne presto realtà. Il pubblico, al quale dicevamo che tanti erano per l’aborto, mutò opinione e diventò davvero favorevole all’aborto.  Drammatizzando la situazione, trovammo appoggi nella popolazione. Falsificammo i dati sugli aborti clandestini (sapevamo che il loro numero si aggirava intorno ai 100mila) dando ripetutamente al pubblico e alla stampa la cifra di un milione. Sapevamo che la mortalità annuale negli aborti clandestini era di circa 200-250 donne. Noi invece dicevamo che ogni anno morivano circa 10mila donne per aborto clandestino. Questi dati fittizi influenzarono l’opinione pubblica statunitense che si convinse della necessità di cambiare legge».

Già nel luglio 1970 la nuova legge liberalizzava l’interruzione di gravidanza fino alla ventiquattresima settimana.

Una volta stabilito il principio, era necessario “semplicemente” allargare l’esperienza, ed ecco l’occasione: «Norma McCovery lavorava come cameriera in un bar. Era bisessuale. Era alcolizzata e tossicodipendente. Nel 1971 si era rivolta al tribunale di Dallas sostenendo di essere rimasta incinta a seguito di uno stupro: aveva chiesto di essere autorizzata ad abortire, nonostante la legge del Texas vietasse l’aborto sanzionandolo. Molti anni dopo avrebbe confessato di aver realtà partorito e dato la bambina in adozione e di aver mentito al Tribunale su suggerimento del suo giovane avvocato, Sarah Weddington […] un’appassionata militante pro-choice». (J.A. Mercado, Annibale e gli elefanti, Edusc 2014)

Il caso montò: Roe (che sta per «Jane Roe», lo pseudonimo creato per Norma) contro Wade, allora procuratore distrettuale della contea di Dallas. Il 22 gennaio 1973 la Corte Suprema decretò l’incostituzionalità della legge del Texas che vietava l’aborto: da quel momento la “libertà di abortire” diventava improvvisamente un diritto costituzionale.

Un racconto per appassionati di storia americana? Macché: una testimonianza lampante, forse per questo poco conosciuta, di come funzionano le cose. Sondaggi inventati, dati gonfiati, un’opinione pubblica ondivaga, che segue il “così pensan tutti”.

Ma la verità è più testarda di mille pur scaltre tattiche di depistaggio: Bernard Nathanson è diventato un eroe pro life: «quando all’inizio degli anni 70 l’ultrasuono mi mise davanti l’embrione nel grembo, semplicemente perdetti la mia fede nell’aborto a richiesta. Non ebbi una lotta interna per difendere le mie vecchie posizioni».

Norma, dal canto proprio, dopo aver ricoperto per anni il ruolo di tuttofare in una clinica per aborti, nel giro di pochissimo tempo cambierà completamente vita, convertendosi al cattolicesimo e diventando in prima persona una paladina della battaglia pro-life.

Peccato che, nel frattempo, sia diventato un delitto denunciare l’aborto e che gli stessi metodi “tattici” siano praticati (con la tecnologia e l’invasività di mezzo secolo di storia in più) per le più variegate declinazioni dell’aberrazione umana: dalla trasformazione del linguaggio asservito all’ideologia gender, alla censura per chi osa raccontare, semplicemente, quel che ha visto coi suoi occhi.

Nel frattempo, si contano i morti: 42,4 milioni di vittime, solo lo scorso anno, quasi 3 milioni ad oggi nel 2020. Muoiono silenziosamente, tra l’indifferenza, la menzogna, quando non la celebrazione dei “diritti delle donne”.

Silent Scream, appunto.

Tags: Abortointerruzione di gravidanza
Cristina Tamburini

Cristina Tamburini

Cristina Tamburini, laureata in Filosofia con una tesi in Antropologia filosofica sull'utilitarismo contemporaneo, moglie e mamma di sette figli, non ha mai abbandonato lo studio e la passione per l’antropologia filosofica, l’etica e la bioetica. Ha tradotto in italiano diversi testi, fra i quali Azione e condotta: Tommaso d’Aquino e la teoria dell’azione di Stephen L. Brock e Intenzione di G. Elizabeth M. Anscombe, estendendo i propri interessi alla Teologia (in particolare all’Escatologia e alla Dottrina sociale della Chiesa). Ha curato il blog Sì, sono tutti miei! per raccontare e approfondire il maternage e la quotidianità in una famiglia numerosa.

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