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«Potrebbero non curarmi»

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Questa immagine è stata originariamente pubblicata su Flickr da mroach all'indirizzo https://flickr.com/photos/73569497@N00/247710031 (archivio). È stata esaminata il 20 aprile 2018 da FlickreviewR 2 ed è stato confermato che è concessa in licenza secondo i termini della licenza cc-by-sa-2.0.

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«Potrebbero non curarmi»

Iacopo Melio, uomo di sinistra in sedia a rotelle, grida «viva la vita» a chi potrebbe decidere che la sua non è degna di essere vissuta

Fabrizio Torella di Fabrizio Torella
02/12/2020
in Vita
322
Reading Time: 3 mins read
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Image by klimkin from Pixabay

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Last updated on Gennaio 28th, 2021 at 01:14 pm

La pandemia che sta travolgendo le certezze dell’ordine mondiale ha fatto riemergere prepotentemente, dai meandri delle coscienze individuali, la questione esistenziale, nonostante gli strenui tentativi di troppi di profondere ottimismo vile a spron di illusione d’immortalità ed edonismo salvifico. Parafrasando uno dei cardini concettuali della teorizzazione marxista, il momento storico attuale permette cioè di ripensare il paradigma teoretico che sta alla base del pensiero collettivo, individuando, come struttura portante, la vita biologica, con la quale determinare poi le sovrastrutture ideologiche, i rapporti sociali e le configurazioni istituzionali che regolano la vita comunitaria.

Lo sa bene Iacopo Melio, giovane neoeletto nel consiglio della Regione Toscana nelle liste di quel Partito Democratico che resta comunque l’erede, lontano oggi quanto si voglia, del pensiero di Karl Marx (1818-1883). Melio, che è costretto su una sedia a rotelle da una malattia genetica, ha urlato la propria paura di morire dalle pagine del quotidiano la Repubblica attraverso un editoriale accorato e doloroso.

Racconta, Melio, di essere recluso in casa da febbraio, perché, se le certezze di immunità non sono prerogativa di alcuno di noi, le probabilità di essere colpiti mortalmente dal virus sono invece assai elevate per i fisici più fragili come il suo.  Un timore fondato sul buon senso, il suo, e sul ragionamento di chi ha imparato, fin dalla nascita, a non dare niente per scontato, a partire dalla sopravvivenza stessa. Un sentimento di smarrimento e di preoccupazione, quello del consigliere regionale, che trova conferma reale e concreta in un documento: Decisioni per le cure intensive in caso di sproporzione tra necessità assistenziali e risorse disponibili in corso di pandemia da Covid-19, prodotto dalla Società Italiana di Anestesia e Rianimazione e dalla Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni. Il documento sta sul tavolo dell’Istituto Superiore di Sanità per essere esaminato e valutato.

Potrebbe essere scioccante, quel documento. «Potrebbero non curarmi», afferma Melio: il documento «scheda anche quelli come me: ragazzi che nonostante la giovane età non godono di un corpo perfetto o di una salute impeccabile, e a causa di una qualche disabilità o gravi patologie si ritroveranno incasellati, messi in classifica. Non più persone, non più Iacopo Melio, ma cartelle cliniche da riordinare, tra quelli messi peggio e quelli un po’ meno peggio, che sono forse meglio di quelli “così-così”». 

Accadrà così? Ci vuole insomma un consigliere regionale di sinistra per ricordare al governo italiano di sinistra che la vita dev’essere sempre la prima priorità di tutte le priorità, che quello della “qualità della vita” è un mito falso e bugiardo se con quell’espressione s’intende sempre una qualità teorica e parametrica stabilita da altri su altri criteri e mai guardando in volto invece l’unica cosa che c’è e che conta, ovvero la vita vera, reale, concreta, sofferente sempre e sempre imperfetta, ma viva, viva, viva, viva la vita? Ci vuole un uomo di sinistra per ricordare che tutte le vite sono sempre degne di essere vissute, poiché l’alternativa a questo è solo il nazismo permanente?

Tags: CoViD-19DisabilitàVetrina
Fabrizio Torella

Fabrizio Torella

Fabrizio Torella, psicologo e sociologo, si occupa da anni di tematiche sociali ed economico-politiche, con particolare attenzione alle problematiche che riguardano la disabilità, il disagio psicosociale, la povertà e l’emarginazione. Specializzato anche in relazioni internazionali e management pubblico, si occupa altresì di politiche di welfare a livello nazionale e internazionale

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