«No» definitivo all’Europride in Serbia

Il ministro dell’Interno vieta formalmente la manifestazione dell’«orgoglio LGBT+» prevista per sabato

In Serbia il primo «Pride», il corteo di manifestazione dell’«orgoglio LGBT+», si è tenuto nel 2010. Un secondo evento analogo si è poi realizzato nel 2014 e da allora l’appuntamento si è ripetuto a cadenza annuale. Quest’anno, Belgrado ha ricevuto addirittura il compito di ospitare l’«Europride» e di accogliere durante questa settimana omosessuali e transessuali giunti da tutta l’Europa a promuovere in pompa magna l’ideologia LGBT+, per culminare in un grande corteo conclusivo sabato 17.

Qualcuno, però, già il 14 agosto ha mostrato il proprio dissenso e la prima manifestazione di piazza in opposizione all’«Europride» di Belgrado ha raccolto, secondo le stime degli organizzatori, fra le 25mila e le 30mila persone, ridotte però dai media a circa 5mila.

Successivamente Vakhtang Kipshidze, vice-presidente del dipartimento delle pubbliche relazioni della Chiesa ortodossa russa, ha dichiarato che «le proteste contro l’ideologia LGBT in Serbia mostrano che tali visioni del mondo vengono imposte contro la volontà di un numero significativo di cristiani tradizionali. […] Il mainstream politico sta deliberatamente emarginando» le voci contrarie all’ideologia LGBT+ in tutta l’Europa. Comprese le voci assolutamente laiche, viene da aggiungere.

Non l’hanno presa bene gli attivisti favorevoli all’Europride, e «lunedì 22 agosto l’account Instagram di Stop Europride, dell’associazione pro-life United for Tradition and Family, è stato temporaneamente chiuso a causa di presunte denunce di incitamento all’odio. Instagram ha notificato agli amministratori che erano state ricevute 500 denunce di incitamento all’odio per il profilo in oggetto, che quindi è stato temporaneamente disabilitato».

Una nuova manifestazione contro l’«Europride» si è tenuta il 28 agosto, a Belgrado e in altre città del Paese, raccogliendo decine di migliaia di persone, intervenute per ribadire il proprio dissenso all’ideologia LGBT+ e appoggiare l’intenzione delle autorità serbe di sospendere il corteo conclusivo del «Pride», previsto per il 17 settembre. Kristine Garina, presidente della European Association of Pride Organizers, aveva annunciato però che «[…] tale corteo non è stato e non sarà cancellato e che qualsiasi tentativo di vietare tale evento costituirebbe una violazione la Convenzione europea dei diritti dell’uomo».

Nel frattempo, anche Porfirje, quarantaseiesimo patriarca della Chiesa ortodossa serba, ha voluto sottolineare come la società serba, fondata sulla famiglia naturale e sul matrimonio fra uomo e donna, abbia il pieno diritto di rigettare posizioni e ostentazioni di segno opposto. Una terza manifestazione con la Processione della Croce si è tenuta domenica e si è conclusa con un momento di preghiera per la santità del matrimonio e della famiglia, pronunciato dal patriarca accompagnato da alcuni vescovi.

Fino a oggi, il presidente Aleksander Vučić e la premier Ana Brnabić non avevano ancora emesso alcun documento ufficiale che dichiarasse che l’«Europride» fosse stato effettivamente cancellato, tenendo conto fra l’altro che il governo aveva tempo, per farlo, sino a 96 ore prima del giorno previsto per la manifestazione, sabato 17. «In caso di divieto», scriveva Euronews Serbia, «molti attivisti hanno annunciato che difficilmente si atterranno agli ordini delle autorità. Con il rischio di disordini». Goran Miletic, coordinatore di Europride Belgrado, commentava infatti affermando che «andremo sicuramente a marciare. Noi, come organizzatori, possiamo dire alle persone di non marciare, ma è già del tutto chiaro che gli attivisti sono scioccati dall’idea stessa che il Pride possa essere vietato».

Il presidente Vučić e la Brnabić sono evidentemente sotto pressione, preoccupati che disordini e scontri di piazza possano minare la creazione di una nuova coalizione di governo e danneggiare il rapporto della Serbia con l’Unione Europea. Intanto, per sabato 17 alle ore 16.30 era prevista anche una nuova manifestazione a favore della famiglia naturale e del matrimonio fra uomo e donna.

Infine, nel pomeriggio di oggi, la dichiarazione formale e il comunicato alla stampa del ministro degli Interni Aleksandar Vulin, che ha cancellato per motivi di ordine pubblico entrambe le manifestazioni. «Nell’attuale situazione geopolitica e con le tensioni presenti nella Regione», ha dichiarato il ministro, «scontri sconsiderati per le strade di Belgrado renderebbero più difficile la posizione del nostro Paese e metterebbero in pericolo l’incolumità dei partecipanti alle marce, ma anche degli altri cittadini».

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