Il Centro Studi Rosario Livatino (CSL) ha pubblicato di recente il fascicolo 1 del 2022 di L-Jus, il periodico cartaceo e online che ogni sei mesi fissa un appuntamento con la discussione sul Diritto più approfondita ed esaustiva.
Come scrive nella prefazione il direttore responsabile della testata, Alfredo Mantovano, magistrato e vicepresidente del CSL, questo numero «[…] si apre con la pubblicazione di alcune delle relazioni (quelle di Antonio Maria Costa, di Giovanni Russo e di Mauro Ronco) e dei messaggi istituzionali dell’annuale convegno nazionale del Centro Studi Rosario Livatino, che si è svolto il 6 maggio 2022, nella Sala Capitolare presso il Chiostro del Convento di S. Maria sopra Minerva, finalmente in presenza dopo due anni di sospensione forzata a causa della pandemia, sul tema “Droga, le ragioni del no. Scienza, prevenzione, contrasto, recupero”. È stata anche l’occasione per presentare il volume “Droga, le ragioni del no. La scienza, la legge, le sentenze”, curato dal Centro studi ed edito da Cantagalli nel 2022».
Vi è una ragione per la quale ancora è necessario che tale discussione sia a tema, nonostante la sentenza 51/2022 della Corte costituzionale che «[…] ha dichiarato non ammissibile il quesito referendario che puntava a rendere legale la coltivazione di piante da cui ricavare qualsiasi tipo di stupefacente, e ad abolire la reclusione per il traffico e lo spaccio delle droghe c.d. leggere». La ragione consiste nel fatto che alcuni attori della politica italiana tuttora insistano sulla opportunità e sulla necessità della legalizzazione, la più ampia possibile, e nella Camera dei deputati è pendente un testo unico che raccoglie varie proposte di legge.
Codesti attori fondano la propria pretesa su un principio che, come anche «iFamNews» ha più volte affermato, si rivela assolutamente falso. La legalizzazione, nelle parole dei suoi fautori, sbaraglierebbe la criminalità organizzata e quella spicciola, che prospererebbero invece nella situazione attuale giudicata colpevolmente “proibizionista”.
La fallacia di tale ragionamento è spiegata e argomentata, in particolare, dall’intervento di Giovanni Russo, procuratore nazionale vicario antimafia e antiterrorismo, che nella propria relazione giunge alla conclusione «[…] che la eventuale liberalizzazione delle droghe derivanti dalla canapa o di qualunque altro tipo di droga non farebbe altro che indurre i grossi gruppi criminali ad allocare altrove i loro interessi illeciti ovvero a modularli diversamente e, quindi, non diminuirebbe di un millimetro la capacità criminale e criminogena delle consorterie mafiose».
Non di un millimetro. Difficile essere più chiari, o più convincenti.
Il fascicolo 1 del 2022 di L-Jus è scaricabile gratuitamente per tutti e vale assolutamente la pena di essere letto.
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