Last updated on Febbraio 15th, 2020 at 12:19 am
Nella società civile esistono diritti protetti dalla legge e riconosciuti da tutti che permettono la convivenza pacifica. Bisogna tuttavia stare attenti che l’ampliamento di una legge non comporti la compressione di alcune libertà fondamentali, come ora rischia proprio di succedere in Svizzera.
Il 14 dicembre 2018 il parlamento elvetico ha approvato la modifica dell’articolo 261 bis del Codice penale che punisce l’incitamento all’odio o alla discriminazione per motivi di razza, etnia o religione. Il legislatore farebbe però rientrare in queste categorie anche l’orientamento sessuale. Contrari a questo orientamento, l’Unione Democratica Federale e i giovani dell’Unione Democratica di Centro (UDC) hanno convocato un referendum che si celebra oggi. La legge svizzera prevede infatti che una decisione delle Camere possa essere contestata da una consultazione popolare qualora i promotori riescano a raccogliere in tempo utile almeno 50mila firme.
Il quesito del referendum recita: «Volete accettare la modifica del 14 dicembre 2018 del Codice penale e del Codice penale militare (Discriminazione e incitamento all’odio basati sull’orientamento sessuale)?». “IFamNews” ne ha ragionato con l’On. Sergio Morisoli, capogruppo dell’UDC nel parlamento del Canton Ticino.
Cosa rischia la Svizzera introducendo una clausola antidiscriminatoria riguardante gli orientamenti sessuali?
Che si crei un precedente di iniquità importante nella lotta alle discriminazioni. Finora la legge è chiara, efficace ed efficiente per ciò che riguarda la lotta alle discriminazioni oggettive di razza, di etnia o di religione. Ora si pensa di allargare il criterio alle possibili discriminazioni soggettive, cioè riguardanti scelte personali e contingenti. Ma allora l’elenco potrebbe essere molto lungo. In pratica, perché alcune discriminazioni verso alcune categorie sociali dovrebbero essere condannate dalla legge e altre no?
Quindi la legge vigente protegge già dalle discriminazioni contro l’orientamento sessuale?
Sì, per questo l’ampliamento della legge è inutile: è già possibile punire chi insulti e discrediti un’altra persona con una pena detentiva fino a tre anni o una pena pecuniaria. Usare l’estensione della norma penale per includere scelte soggettive, private, snatura la portata e indebolisce lo scopo originale della norma.
Esiste, nel Paese, un’emergenza sociale in tema di discriminazione delle persone omosessuali?
Le persone omosessuali sono da molto tempo membri della società a pieno titolo, stimate e rispettate. La Svizzera, da questo punto di vista, è da sempre molto avanti e pragmatica nel rispettare e nel tutelare le scelte di vita soggettive e private, non solo in ambito sessuale. Siamo un Paese dove la libertà personale viene prima di ogni altra priorità.
Non c’è quindi né alcuna urgenza né alcun allarme. Ritengo invece che alle categorie in discussione non giovi venire formalmente degradate, per legge, a minoranze debole e bisognosa di protezione. Creando per legge categorie di persone speciali si rischia l’effetto contrario: invece di favorirne l’accettazione se ne potrebbe causare la messa all’indice. Non va dimenticato, inoltre, che la Svizzera esiste perché è da sempre un insieme di minoranze e di diversità. Abbiamo nel nostro DNA il rispetto e la valorizzazione delle minoranze a 360 gradi senza doverle specificare una a una.
Il buon senso di un leader omosessuale
L’estensione della norma infatti è stata criticata anche da esponenti del mondo LGBT quali Michel Frauchiger, co-presidente di “Sonderrecht NEIN!”, un comitato dal nome significativo, «No a diritti speciali!», il quale, in un’intervista, ha affermato: «Il diritto penale non è uno strumento di governo socio-politico. Come omosessuale mi impegno con convinzione per lottare contro l’attuale estensione della norma penale antirazzismo. È importante per me sottolineare in tutta chiarezza che una protezione specifica del profilo legale degli omosessuali e dei bisessuali è diametralmente opposta alla parità dei diritti».
Alcuni giorni fa fautori e oppositori della nuova norma si sono confrontati nell’Università della Svizzera italiana di Lugano. Chiara la posizione di Leonardo Valsangiacomo, esponente dei Giovani UDc, riportate da www.ticinotoday.ch
«Non siamo omofobi», sottolinea Valsangiacomo, «e abbiamo a cuore la libertà di espressione e di opinione. Quello che ci spaventa è che questa possa essere limitata oltremodo, in virtù di un’interpretazione troppo flessibile. La nostra domanda è: dove sta la linea rossa fra libertà d’espressione e discriminazione?».
Domani, in Svizzera, la libertà di dire che una famiglia è composta da un uomo e da una donna esisterà ancora? Si potrà ancora dire che non esistono figli di una coppia omosessuale in quanto l’unica prole è quella generata dall’unione di uomo e di una donna? Sarà possibile per un pasticcere rifiutarsi di preparare una torta per coppie omosessuali o spendersi pubblicamente per la difesa della famiglia naturale. oppure chi lo farà sarà un criminale?
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