Last updated on Maggio 30th, 2021 at 06:08 am
Dunque, gli esperti della Banca centrale cinese (BCC) affermano che la popolazione cinese stia invecchiando e che, ora del 2050, la popolazione si ridurrà di 32 milioni di unità. Lo abbiamo già scritto e abbiamo già commentato come questo configuri un’idea tecnocraticamente gnostica di governo: l’idea dell’infinita manipolabilità del reale, onde piegarlo sempre e comunque ai propri disegni.
Lasciata decantare la notizia, torno ancora su questo dato per una considerazione ulteriore.
Secondo i ricercatori della BCC, la popolazione del Paese è scesa sotto gli 1,4 miliardi di persone. In termini cinesi, un record assoluto, come ha notato subito il Financial Times.
Anzi, in termini universali. È infatti il primo calo registrato nel Paese in 60 anni.
Ora, dov’era la Cina 60 anni fa, tra 1960 e 1961? Era al culmine del «Grande balzo in avanti» (大躍進), una delle numerose follie socio-economico-politiche criminali imposte al Paese dal 1958 al 1961 dal despota sanguinario Mao Zedong (1893-1976). In preda a vero e proprio delirio di onnipotenza, Mao pretese che la Cina, allora essenzialmente rurale, raggiungesse la produzione siderurgica della Gran Bretagna entro 15 anni. Ne seguì una carestia immane che ha mietuto almeno (per difetto) 14 milioni di persone, un’ecatombe.
Quindi l’ammanco odierno in termini di vite umane è, nella Cina ancora e sempre comunista, pari a quello di uno dei grandi crimini contro l’umanità imposti al Paese da Mao. In termini di mattanza demografica, cioè, non è passato un giorno da allora: il Paese è fermo alle follie maoiste, che invece si spacciano solo come triste ricordo del passato.
Si obietterà che i 14 milioni circa di cinesi mancati sono morti ammazzati dal maoismo, mentre i circa 14 milioni mancati oggi sono semplicemente cinesi non venuti al mondo. Sbagliato.
I 14 milioni di cinesi mancanti di Mao sono cinesi morti ammazzati per lo più dalla fame indotta dal maoismo, mentre i 14 milioni di cinesi mancanti oggi sono per lo più cinesi morti ancora prima di nascere. I 14 milioni di cinesi mancanti oggi sono infatti l’esito della famigerata «one-child policy», che ha imposto aborto e infanticidio alle coppie cinesi che osassero mettere al mondo più di quell’unico figlio permesso dallo Stato, politica dopo decenni timidamente allargata al permesso di avere al massimo due figli. Oggi anche quest’ultimo divieto alle coppie cinesi sta cadendo, ma il motivo, come dicono chiaramente gli esperti della BCC, è proprio la voragine demografica apertasi nel mentre. Un abisso però identico a quello maoista.
Un abisso identico a quello per cui la «one-child policy» fu ideata nel 1979, divenne parte della Costituzione cinese nel 1982, fu implementata con rigore e rigidità crudeli fino al 2015 e da allora è stata modificata in «two-children policy».
La politica post-maoista di riduzione delle nascite venne infatti lanciata e draconianamente attuata per ridurre il numero delle bocche da sfamare in un Paese che, proprio grazie alle follie economiche maoiste, come il «Grande balzo in avanti» e poi la «Rivoluzione culturale» (文革) dal 1966 al 1976, non sapeva più come gestire la propria demografia.
Oggi che il male imposto al Paese per ovviare (cioè nascondere) a un altro male ha prodotto un male uguale, le sirene strillano «più figli, più figli». Ma è tutto appunto, come si diceva, sempre uguale.
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