La scoperta della gravidanza e il contratto in scadenza: che fare? Comunicare la lieta notizia al proprio datore di lavoro, rischiando di restare senza stipendio, oppure nasconderla, nella speranza di un rinnovo? Ancora oggi, infatti, una donna sa che la gioia per la maternità si dovrà scontrare con un mondo del lavoro che non valorizza le persone e la loro vita privata. Che è sì privata, ma che ha pure una valenza sociale non indifferente, visto che decidere di formare una famiglia significa contribuire alla società tutta. Senza famiglia non c’è infatti relazione, non c’è solidarietà, non c’è welfare. Eppure annunciare la maternità al lavoro non significa ricevere auguri e nemmeno sperare in un po’ di tempo per stare accanto al proprio bambino. Anzi, se la donna è precaria, l’annuncio è spesso seguito dal licenziamento o dal mancato rinnovo del contratto.
Selene Vella, 33 anni, precaria, ha aspettato diverso tempo prima di decidere se dirlo o non dirlo. Poi ha affrontato Davide Zaccaria, l’amministratore delegato di Cridav Italia, l’azienda specializzata in energie rinnovabili nella quale lavora. Silenzio per alcuni giorni. Facile immaginare i timori della donna. Poi all’improvviso l’ad l’ha convocata nel proprio ufficio sottoponendole un contratto a tempo indeterminato. Una storia, quella raccontata da Il Tirreno, diversa, finalmente.
Diversa, per esempio, dalle cosiddette “dimissioni in bianco”, firmate ma compilate solo in seguito a un infortunio o, appunto, a una gravidanza. Sempre a Il Tirreno, l’ad Zaccaria ha raccontato che Selene «è molto valida e a me è stato insegnato che i collaboratori capaci non si devono lasciar scappare. Le ho detto di godersi la sua maternità e la sua famiglia e che noi la aspettiamo».
Ma gli imprenditori che si comportano diversamente sono tutti cattivi? Vediamo. Per l’azienda la maternità è un costo: durante il congedo, l’INPS eroga alle lavoratrici l’80% della retribuzione. Alcuni contratti collettivi pongono a carico dell’impresa il restante 20%. Quindi durante il congedo di maternità il datore di lavoro pagherà il 20% alla lavoratrice in maternità e lo stipendio al sostituto. Una situazione non facile, soprattutto a fronte del carico fiscale che vige in Italia sulle aziende.
Dalla Legge di bilancio 2019 sarebbero però in arrivo, salvo decreti attuativi, alcune novità. Le future mamme, previo parere medico, potranno decidere di lavorare fino al nono mese di gravidanza potendo poi usufruire dei cinque mesi di congedo in formula unica dopo la nascita del bambino. Per il primo anno di vita del figlio l’INPS eroga inoltre un assegno mensile di circa €190 con indicatore ISEE fino a 7mila euro, se l’ISEE è superiore, l’assegno scende a €80. Nel triennio 2019-2021 è quindi previsto anche l’aumento del bonus asilo nido, che passerà da 1.000 a 1.500 euro l’anno per tre anni. Vedremo.
Ora, la storia di Selene Vella, e le storie di migliaia di donne che non sono invece approdate sui giornali, lasciano però domande a cui né bonus né disegni di legge sono in grado di rispondere. Per esempio: se custodire la famiglia significa custodire le relazioni, che idea di futuro ha lo Stato? L’aiuto economico dei nonni, l’educazione dei figli, la cura delle persone anziane e fragili, la solidarietà tra parenti e vicini, e la saggezza tramandata sono ricchezze che nascono in famiglia e che contagiano in bene la società intera.
Poi: quale idea di libertà della donna ha lo Stato? La donna è schiava se diventa madre ed è invece libera se è costretta a lavorare tutto il giorno per un padrone? Se essere libera significa poter lavorare rinunciando alla propria vita privata, perché una donna non può essere libera di mettere per alcuni mesi da parte il lavoro per far nascere un figlio? Libera di sospendere il lavoro sapendo di non perderlo, sapendo di non restare senza sostegno economico. Quanto soffoca il desiderio di maternità la paura di perdere un posto raggiunto dopo anni di studio e di gavetta? In attesa dei decreti attuativi, si cercano politici e intellettuali interessati a occuparsi di questi temi.
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