Last updated on Ottobre 6th, 2020 at 02:11 am
Nel II Municipio di Roma era già accaduto il 17 maggio 2017 che venisse issata, di fianco a quelle istituzionali, la bandiera arcobaleno. Tre anni fa, tuttavia, l’esposizione fu occasionale, per la Giornata nazionale contro l’omofobia. Stavolta, invece, nessun fatto specifico giustifica l’iniziativa nata da una mozione del consigliere comunale Paolo Leccese, del partito europeista e progressista Volt. In una fase in cui molte attività istituzionali sono state trasferite sul digitale, nella sede del Municipio bazzicano pochi cittadini e molto più di rado rispetto a prima della pandemia i consiglieri. Eppure, oltre alle bandiere di Roma Capitale, d’Italia e dell’Unione europea, sventola ora anche quella che è simbolo degli LGBT+.
La petizione
La scelta gay-friendly del II Municipio – tale e quale a quella di altri enti pubblici in giro per l’Italia – non è però passata inosservata. Se in tanti restano indifferenti e se qualcuno può persino esserne orgoglioso, c’è anche chi ritiene inopportuno che una amministrazione locale che dovrebbe rappresentare un’intera comunità si identifichi con il vessillo di una ristretta minoranza. Ecco allora che la petizione lanciata da Pro Vita & Famiglia per chiedere al presidente del II Municipio, Francesca Del Bello (Movimento 5 Stelle), di rimuovere la bandiera, ha superato le mille adesioni in pochi giorni.
«Ci sembra […] paradossale che, anche strumentalizzando alcuni gravi fatti di cronaca, il consigliere Leccese abbia parlato del vessillo arcobaleno come di un simbolo di libertà. Quando a innalzarlo sono coloro che più di tutti attentano alle libertà costituzionali di pensiero, parola ed espressione attraverso la pdl Zan». Gli autori della petizione rilevano che «in una città in piena e costante emergenza, e per di più in un periodo di crisi sanitaria, non può essere la bandiera LGBT la priorità dell’amministrazione capitolina».
Bandiera arcobaleno contro… la legge Cirinnà
Sulla vicenda “iFamNews” ha contattato Giuseppe Scicchitano, giovane consigliere del II Municipio in quota Lega. È contrariato. «Il Municipio», spiega, «dovrebbe fare ben altre cose per migliorare la vita dei cittadini, ma forse si preferiscono iniziative ideologiche sperando di raccogliere consenso». L’esponente del Carroccio ne ha parlato direttamente con il suo collega Leccese, il quale gli ha spiegato che «questo gesto simbolico» di issare la bandiera arcobaleno ha lo scopo di denunciare «la disparità, dopo l’approvazione della legge Cirinnà, cui sono oggetto le coppie omosessuali». Ma come, una legge nata con l’intento di assecondare le richieste degli LGBT+ ha invece generato disparità? Proprio così, stando a quanto avrebbe detto Leccese.
«Mi ha fatto presente», spiega un allibito Scicchitano, «che ora le coppie eterosessuali possono scegliere se unirsi in matrimonio o unione civile, mentre quelle omosessuali possono optare soltanto per l’unione civile essendo loro proibito il matrimonio». Il consigliere leghista ritiene che una simile argomentazione denoti «una confusione tra uguaglianza e giustizia, come se bastasse eliminare il matrimonio tradizionale per equiparare la condizione delle persone eterosessuali e omosessuali». Dalla richiesta del matrimonio per tutti a quella del matrimonio per nessuno, d’altronde, il passo è breve: se l’istituto perde la sua funzione generatrice di figli, perché non abolirlo proprio?
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