Il Giappone, in pieno «inverno demografico», con una media di figli per donna calata a 1,30, deve affrontare un’altra grave crisi, che come ovvio è strettamente correlata alla prima.
Si tratta del crollo del numero dei matrimoni, solo 514mila nel 2021, che registrano la cifra annuale più bassa dalla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, e un calo vertiginoso rispetto al milione di nozze celebrate nel 1970.
Sono i dati che si evidenziano dalle statistiche più recenti diffuse dal ministero della Salute nipponico, che ne attribuisce le cause certamente alla crisi pandemica mondiale dovuta alla diffusione del CoViD-19, ma anche all’instabilità economica e finanziaria di un Paese, il Giappone, in cui alcuni costi, come quelli delle abitazioni e dell’educazione dei figli, raggiungono livelli da capogiro.
Vi è però anche un aspetto che si può definire culturale, se fra i trentenni giapponesi uno su quattro afferma convintamente di non desiderare di sposarsi, di preferire rimanere single, godere del proprio tempo e della propria disponibilità, incontrare gli amici, andare al cinema o giocare ai videogame.
Anche questi dati sono stati diffusi recentemente dall’ufficio di Gabinetto, in base ai quali nella fascia d’età indicata il 25,4% delle donne e il 26,5% degli uomini dichiara di non volersi sposare. Fra i ventenni, poco più del 19% degli uomini e il 14% delle donne non ha intenzione di farlo, ma in questo caso il dato appare meno insolito, data la giovane età degli intervistati.
Diverse a quanto pare le motivazioni addotte dagli uomini e dalle donne. Se i primi sostengono di non desiderare il matrimonio per godere delle libertà personali ma anche per la preoccupazione di non essere in grado di sostenere economicamente la famiglia, per le donne la questione è ancora più decisamente spostata sul piano culturale.
Le giovani giapponesi non si sposano, dicono, perché hanno carriere appaganti e non accettano gli oneri della casalinga tradizionale, come le faccende domestiche, l’educazione dei figli e la cura dei genitori anziani, che per altro sono spesso, come costume vuole, i genitori del marito.
Il rapporto del Gabinetto si conclude con l’affermazione che «[…] l’idea alla base della famiglia giapponese è cambiata e il matrimonio non è più visto come una rete di sicurezza per garantire una vita stabile».
Si spinge oltre Aya Fujii, psicologa, che fornisce supporto per la salute mentale in un programma governativo di assistenza all’occupazione a Tokyo. «Vedo che molti giovani ora amano i fumetti manga e gli spettacoli di anime. Preferiscono questo all’incontrare e parlare con le persone nella vita reale», afferma, «i personaggi nei manga e negli anime non discutono né rispondono e questo, semplicemente, per molte persone è più facile».
«Penso che molti giovani oggi manchino di abilità sociali» aggiunge, «e che ciò sia reso peggiore poiché molte famiglie hanno solo un figlio, ora, quindi quel bambino sta crescendo senza interagire né sviluppare le abilità sociali di cui avrà bisogno nelle fasi successive della vita».
Pochissimi matrimoni, pochissimi nuovi nati, una popolazione che invecchia e che registra l’aspettativa di vita più elevata nel mondo. Fujii crede che la popolazione non smetterà di ridursi nel prossimo futuro: «alla fine, i giapponesi tra i 20 ei 30 anni, che non sono in grado di comunicare con persone del sesso opposto, riscontreranno maggiore difficoltà nel trovare un partner e il modello nazionale di calo della popolazione continuerà», conclude.
Commenti su questo articolo