Il «ddl Zan» torna in Senato. Vi torna mercoledì 27 aprile, a sei mesi esatti dalla data in cui è stato bocciato, e vi torna tale e quale. Nonostante proprio la pervicacia nel non modificarne una virgola sia stata probabilmente la causa per cui, a dispetto delle speranze della Sinistra, il disegno di legge LGBT+ e sedicente contro l’”omofobia” è stato respinto, oggi ritorna sulla scena nella stessa, identica veste. Lo dichiara lo stesso Alessandro Zan in una intervista sulle pagine di La Repubblica, immediatamente ripresa sul sito web del Partito Democratico.
Ci si chiede allora che senso abbia ripresentare una proposta di legge già bocciata dopo un tempo così breve, quale sia la ratio dal punto di vista politico che sta dietro al ragionamento e alla decisione di tornare in Aula con un testo volutamente preciso e identico.
«Dal punto di vista politico», spiega ad «iFamNews» la senatrice Paola Binetti, «la spiegazione è semplice. I firmatari non pensano e non hanno mai pensato che il progetto di legge dovesse essere rielaborato dal punto di vista dei contenuti, per ottenere il voto della maggioranza dei Senatori. I firmatari hanno pensato e pensano che il testo sia stato affossato per motivi politici».
«Adesso», continua la senatrice Binetti, «a sei mesi di distanza, la Sinistra valuta che il quadro politico sia cambiato, che sul punto la Lega sia meno vicina a Fratelli d’Italia, che Forza Italia sia più incerta, insomma che il Centrodestra vanti poca coesione. Non accetta invece che anche nel Centrosinistra molti non vogliano quella legge, proprio per i suoi contenuti».
«Talvolta», continua Paola Binetti, «per fare sì che un disegno di legge avanzi occorrono modifiche e correzioni che definisco “chirurgiche”. In questo caso, i firmatari non hanno mai voluto considerare che i contenuti stessi richiederebbero una emendatio».
Anche dal punto di vista giuridico e procedurale, è difficile darsi una spiegazione per la decisione di riproporre il medesimo testo al Senato.
«A che serve riproporre un ddl già bocciato nella stessa forma, nonostante i rilievi fatti da politici, giuristi, giornalisti, esperti di ogni parte e di ogni formazione, oltretutto a fine legislatura, quando ben difficilmente ci saranno i tempi per concludere la questione?». Se lo chiede Aldo Rocco Vitale, visiting professor nella facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, dottore di ricerca in Storia e Teoria generale del diritto europeo nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università Tor Vergata di Roma, membro di Giustizia Insieme.
«È una mossa giuridicamente maldestra e istituzionalmente scorretta». La scorrettezza, evidentemente, «consiste soprattutto nel voler ignorare in qualche modo l’autorità del parlamento, che si è già espresso, ignorando pertanto la dignità dell’istituzione cui i deputati stessi appartengono, insieme alla sua potestas legiferandi». Laddove la motivazione, secondo il professor Vitale, starebbe in una visione “politica” in senso deteriore e certamente ideologica dell’intera questione. Tanto che, arriva a dire, «se l’onorevole Zan desidera che il proprio disegno di legge abbia successo e sia approvato, vi rinunci: lo lasci portare avanti da qualcuno con meno “ideologia”».
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