Last updated on Luglio 24th, 2021 at 11:17 am
Di nuovo. Stavolta è «Pillon Wanted». Uno stencil realizzato con tecniche da Street Art si aggira per i muri della Stazione Centrale di Milano dando al senatore Simone Pillon, reo confesso di difesa di vita e famiglia, del criminale evaso. La volta precedente era “Pillon deve morire” scritto su Wikipedia e prima ancora Massimo Gandolfini, altro reo confesso dei medesimi “crimini”, che avrebbe dovuto essere appeso.
Sia chiara una cosa. Le facce di palta che impiegano il proprio tempo con queste ingiurie hanno pienamente il diritto di farlo. Libertà di espressione, totale. Sempre. La libertà di espressione va infatti fermata quando smette di essere tale per trasformarsi in violenza.
Io voglio infatti che gli stupidi continuino a imbrattare i muri della mia e di altre città con le proprie scemenze onde potere avere il diritto io di dire il contrario (e non certo violando la proprietà privata dei muri altrui). Voglio che la gente, se ci crede, possa battersi per ciò che è sbagliato per potere io avere sempre la possibilità sovrana e intangibile di difendere e diffondere la verità sull’uomo e sulle cose.
Non perché l’errore abbia in sé diritto di cittadinanza, ma perché la libertà di cercare sempre la verità va sempre offerta, anzi garantita a chiunque.
Nei casi di specie, però, siamo al confine. Scatenare la caccia all’uomo contro Pillon e augurare a lui e a Gandolfini la morte è istigazione. Non più libertà di dire scemenze innocue, bensì aizzamento, eccitazione, fomentazione, incitamento, incitazione. Ovviamente, visto il contesto, alla violenza, a delinquere. Getto il sasso e lascio che siano gli addetti ai lavori inquirenti e giudiziali a raccoglierlo dallo stagno.
Aggiungo soltanto un elemento. Oggi, ieri, domani e sempre siamo tutti Simone Pillon e Massimo Gandolfini. Siamo Pillon e Gandolfini e chiunque altro come loro diventi oggetto di istigazione alla violenza tutti noi che, a diverso titolo, con il nostro stile, con ciò che facciamo quotidianamente, ci battiamo affinché la possibilità di dire e praticare la verità sull’uomo e sulle cose continui a esistere. Affinché si possa ancora e sempre dire che uccidere una vita umana innocente è roba da «sicari» come dice Papa Francesco e, come dice Papa Francesco, che l’ideologia gender è uno «sbaglio della mente umana».
Lo facciamo ognuno con le nostre sensibilità e capacità. Lo facciamo anche in modi e stili diversi da Pillon e da Gandolfini. Ma come Pillon e Gandolfini e altri oggetto di istigazione alla violenza chiediamo ai nostri avversari di contestarci con argomenti e fatti, magari, se se ne sollazzano, pure anche con insulti, mai però con menzogne e spingendo gli sgherri ad abbatterci. Perché la menzogna non ha diritto alcuno di cittadinanza sotto alcun cielo e la fomentazione della violenza uccide la libertà di proferire anche scemenze e insulti.
Siamo tutti Pillon e Gandolfini oggi, ieri, domani e sempre perché al posto di Pillon e di Gandolfini potremmo esserci tutti. Potrebbe esserci il nostro nome al posto del loro in bocca agli aizzatori. E questo è il punto. Oggi ci si spella le mani affermando di voler proteggere dalla violenza una categoria di persone attraverso il «ddl Zan», ma se ne consegnano altre alla violenza delle zanne.
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