Catene invisibili imprigionano il libero pensiero. Per dirla con lo scrittore Marcello Veneziani, «è come se fossimo sotto una cappa», la metafora che dà il nome al suo nuovo libro. «La Cappa. Per una critica del presente» (ed. Marsilio, 2022) sviscera le radici del nostro vivere, invitandoci a prendere coscienza di un’adesione automatica al canone ideologico imposto da media e potere, costellato di paradossi, tabù, divieti. Scompaiono la realtà, la tradizione, persino la natura, in nome di un politicamente corretto che tracima in ogni ambito sociale.
Veneziani, scrive che «la cappa globalitaria matura nella convergenza di più fattori». Quali sono?
Il fattore sanitario sperimentato con la pandemia, con le sue restrizioni e i diritti costituzionali violati, il fattore informazione sempre più uniforme e conforme; il fattore ideologico del politically correct e della cancel culture; il fattore guerra che ha ridotto la nostra visuale a una logica militare e a un’economia di pensieri di guerra; e poi l’abolizione della natura, la guerra civile dei sessi, e molto altro ancora. Il tutto composto in un regime di sorveglianza. Eravamo una società aperta, siamo ora una società coperta.
E quali sono stati i processi storici e sociali che ci hanno portati a questo punto?
Non si può ritrovare una data o un evento alle origini della cappa ma un intreccio di cause e fattori, nel corso di un arco storico relativamente ampio. La perdita di ruolo della politica, la deculturazione di massa, l’avvento dei processi automatici della tecnologia, il sorgere di un nuovo conformismo bigotto di tipo progressista, l’inamovibilità di poteri transnazionali e interni, l’espropriazione di ogni sovranità politica, nazionale e popolare. Si allarga il raggio della solitudine e della dipendenza.
«Le differenze scolorano e si uniformano», scrive, eppure rileva anche che «i sessi mutano». L’adesione a canoni ideologici ha sostituito l’aderenza al dato di natura?
Siamo di fronte alla scomparsa della realtà che diventa poi abolizione della natura, a partire dalla natura umana, la scomparsa della differenza sessuale nel gender fluid, il muro di diffidenza innalzato tra il maschile e il femminile, l’attacco continuo alla famiglia, alla maternità, alla procreazione. Il canone ideologico “correttivo” ha soppiantato la realtà naturale, le sue imperfezioni, ma anche il suo libero esprimersi. Al posto della natura si preferisce parlare di ambiente, definizione più asettica; e si pensa a salvare il pianeta “dimenticando” che sta deperendo l’umano, soppiantato dal transumano, dall’artificiale, dall’automatico.
Descrive dentro questa cappa un clima di «anarchia privata e dispotismo pubblico». La cappa si fonda allora su un paradosso?
Il paradosso della cappa riverbera in tanti aspetti della vita pubblica e privata. Per esempio l’ossessione per la salute, indotta nei giorni della pandemia, si accompagna a un liberismo mortuario che concede la libertà di farsi e di disfarsi a proprio piacimento, tra aborto, droga, suicidio assistito e altre pratiche di autodistruzione. Così a livello politico l’anarchia nella sfera privata, l’assenza di regole e la negazione dei legami, si accompagna a un opprimente e minaccioso dispotismo ideologico nella sfera pubblica.
La pandemia ha dunque reso questa cappa più asfissiante ancora?
Reputo il biennio di pandemia, con lo strascico ancora in corso, come una specie di prova generale. Temo che i dispositivi adottati per l’emergenza sanitaria vengano estesi e commutati su un piano più strutturale. Lo stesso meccanismo si è applicato, per esempio, all’informazione nel tempo della guerra. Informazione ossessiva, monotematica, ma anche unilaterale, da propaganda di regime.
Teme che in questa cappa si annidi un pericolo totalitario?
Preferisco parlare di un pericolo globalitario, ove appunto l’elemento globale si mescola a una forma di controllo e di conformità degna di un regime totalitario. Incruento, a tratti dolce, permissivo sul piano privato; ma intollerante, pervasivo, facile alla censura, alla rimozione di fronte a ogni difformità rispetto al canone.
È possibile squarciare un varco di libertà in questa cappa?
Non mi faccio illusioni sul piano politico, non vedo possibilità di rivoluzioni e di movimenti alternativi; ma credo che l’atto primo sia quello di riattivare la spada dell’intelligenza, di pensare criticamente il presente, di abitare anche altri mondi oltre la tirannia del momento (il passato, il futuro, il favoloso e l’eterno), far valere una forma di migrazione interiore rispetto ai processi in corso se non si è in grado di avversarli. E dare l’assalto al cielo non per fa venir giù gli dèi come si minacciava un tempo, ma per sgombrare il cielo dalla cappa che ci impedisce di vederlo liberamente e interamente.
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