Il tasso di fertilità dello Utah, storicamente fra i più elevati degli Stati Uniti d’America, anzi sino al 2016 il più alto in assoluto, è in diminuzione drastica e dal 2009 si è abbassato più velocemente di quello medio statunitense.
Il tasso di fertilità totale (TFR) si riferisce al numero di figli che una donna ha avuto nel corso della vita, espresso in termini di uno ogni 1.000 abitanti. È diverso dal tasso di natalità, che rappresenta invece il numero di nati vivi su mille appartenenti alla popolazione in un determinato anno.
In base all’ultimo rapporto sulle nascite negli Stati Uniti, il National Vital Statistics Report, emesso dai «Centers for Disease Control and Prevention» (CDC) il mese scorso e che riporta i dati finali dell’anno 2020, il TFR dello Utah è 1,92, rispetto a 1,64 della media statunitense. Il rapporto evidenzia come attualmente esso si trovi al quarto posto, dopo il tasso di South Dakota, North Dakota e Nebraska e ciò nonostante nel Paese un abitante su 5 sia un bambino in età scolare.
Uno dei motivi di tale calo brusco pare essere la diminuzione delle nascite da madri giovanissime, fra i 14 e i 19 anni, dove infatti il tasso di fertilità specifico per fascia d’età è il più basso fra i quattro Stati citati ed il tasso di natalità è sceso da 15,7 nel 2016 a 10,7 nel 2020. Secondo i ricercatori, si individua in tal senso una tendenza positiva, poiché in caso di ragazze adolescenti la diade madre-figlio è stata individuata spesso come sofferente, dal punto di vista della salute fisica ma anche da quello delle prospettive generali future di vita.
Più in generale, nello Utah negli ultimi anni si è assistito a una riduzione delle gravidanze cosiddette «indesiderate», con un ricorso massiccio alla contraccezione, anche con l’uso di dispositivi e impianti intrauterini, in precedenza non disponibili per le donne che non avessero ancora avuto figli.
Lo Utah in realtà ha avviato un’intera serie di iniziative per aumentare l’accesso alla contraccezione, tra cui HER Salt Lake, partnership tra il Family Planning Research Group dell’Università dello Utah e Planned Parenthood of Utah, che ha fornito contraccezione gratuita a più di 11mila persone tra il 2015 e il 2017.
Al di là di tali interventi strumentali, però, le cause del calo del tasso di fertilità totale dello Utah sono di difficile individuazione e coinvolgono con tutta probabilità sia fattori pratici, quali per esempio le difficoltà economiche e i costi degli alloggi in forte aumento, sia cambiamenti culturali nelle opinioni sulla gravidanza e sul matrimonio.
Come nel resto degli Stati Uniti, per esempio, un numero sempre crescente di cittadini decide di posticipare il primo matrimonio e aumentano gli adulti di età compresa tra 25 e 54 anni che si dichiarano «senza partner», cioè non sposati né conviventi, come riportato in un’analisi del 2021 condotta sui dati del censimento del 2019 dal Pew Research Center di Washington.
Nell’ultimo anno preso in esame dal rapporto dei CDC, il TFR dello Utah, pur diminuito in sé, non è sceso più di quello della media nazionale, per la prima volta nell’ultimo decennio. Ciò potrebbe far sperare che esso si stia assestando e che non diminuirà ulteriormente nel futuro prossimo.
Si tratta di un dato di grande importanza. Sojung Lim, direttore dello Yun Kim Population Research Laboratory nella Utah State University, ha studiato a lungo il modello demografico della Corea del Sud specie in relazione allo stato socio-economico delle famiglie. Una volta che un Paese scende a un tasso di fertilità totale basso, «[…] e pensiamo a 1,3 come soglia», afferma lo studioso, «è davvero difficile invertire la tendenza. Non vedo nessun Paese che abbia avuto successo finora».
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