Last updated on aprile 10th, 2020 at 07:17 am
Quando due persone intrattengono una discussione sincera spesso nasce il desiderio di condividerla con gli amici. E questo è ciò che succede per il libro Un’altra libertà. Contro i nuovi profeti del paradiso in terra (a cura di Claudia Passa, Rubbettino, Soveria Mannelli CZ 2020), che si presenta come «la ricostruzione di un lungo dialogo» tra il cardinale Camillo Ruini e l’ex ministro Gaetano Quagliarello. Negli ultimi anni i due protagonisti si sono cimentati in un confronto sulle questioni più dirimenti della nostra epoca: dalla rivendicazione di diritti individuali alla ridefinizione delle questione antropologica, dal rapporto tra politica e religione a quello tra scienza e verità, fino al legame tra diritto naturale e la possibilità di un umanesimo autentico.
Il dipanarsi dei capitoli è dettato proprio dal botta e risposta tra i due autori, i quali arricchiscono la discussione da una prospettiva cristiana, quella del cardinale, e da una posizione laico-liberale, quella del ministro. Il filo rosso del libro è l’interrogativo su cosa sia l’uomo moderno e quale concezione di libertà lo permei. Sebbene lo scambio di opinioni sia anzitutto di natura intellettuale, i due interlocutori giocano tutta la propria umanità, tornando sui momenti della storia recente che per l’Italia hanno costituito un punto di svolta.
È impossibile, infatti, parlare dei confini della libertà umana senza ricordare la vicenda di Eluana Englaro (1970-2009), il cui destino di morte è stato deciso da un tribunale: da quel momento in poi si è originato un piano inclinato, fondato su un nuovo determinismo antropologico e su un relativismo soggettivista in virtù del quale sembra che un pugno di giudici possa decidere chi sia degno di vivere e chi no. Con l’esperienza umana di chi ha partecipato in prima linea alle battaglie degli ultimi decenni, il cardinale Ruini espone con metodo le contraddizioni che le sbandierate “conquiste di civiltà” serbano. Gli alfieri dei “nuovi diritti” fondano infatti le proprie rivendicazioni sulle basi di una libertà soggettiva che si qualifica come assoluta dimenticando che l’essenza dell’uomo è invece la sua relazionalità, motivo per cui non esiste una libertà assoluta e isolata ma solo, appunto, correlazionata alla realtà. Basti pensare al malriposto concetto di autodeterminazione, sfruttato come leva per legittimare la soppressione della vita umana, come spiega Quagliarello in un passaggio cruciale del libro:
«Non si può separare la nostra libertà dalla realtà del nostro essere: se va contro questa realtà la libertà di autodistrugge. […] l’uomo è essenzialmente un essere in relazione e quindi la nostra libertà non può prescindere dal rapporto con gli altri: la decisione sulla nostra morte non riguarda dunque soltanto noi».
La distorsione di cosa sia la libertà viene dunque individuata come l’origine dei paradossi moderni ed emerge in tutte le grandi sfide contemporanee. Per cui non è possibile parlare di aborto, eutanasia, testamento biologico, immigrazione, fine vita, autodeterminazione senza prima interrogarsi su cosa sia l’uomo e quale siano i confini della sua realtà. Un discorso che se per i cristiani trova fondamento nella libertà creatrice di Dio, per i laici affonda le radici nel diritto naturale quale insieme di evidenze oggettive che dovrebbero regolare il vivere comune e che invece viene calpestato da una sola verità: quella soggettiva. L’autodeterminazione così intesa ha portato a un costruttivismo antropologico che ha snaturato i capisaldi della civiltà occidentale.
Originale l’approccio alla questione demografica, non considerata unicamente sotto il profilo numerico, ma che guarda alla necessità di sostenere la famiglia nella sua totalità. I figli infatti non sono una scelta che riguarda unicamente i genitori, ma vanno riconosciuti come un bene essenziale per tutta la società e dunque un «[…] dovere di solidarietà sociale»:
«È necessario un cambiamento profondo della cultura e della mentalità dominante, troppo avvezza a considerare gli interessi individuali sempre al di sopra delle esigenze della famiglia e della collettività».
Ecco allora lo spirito da cui devono nascere politiche attive a favore delle famiglie: è impossibile realizzare il rilancio demografico del Paese senza la coscienza di un futuro comunitario, senza la fiducia e il senso di responsabilità verso il proprio popolo.
I due autori dunque, scavando nelle questioni odierne più insidiose su cui spesso si è stati abituati a osservare accettazione passiva, invitano il lettore alla discesa in campo, aprendo una finestra di speranza basata sulla possibilità, sempre presente, che l’uomo riconosca il richiamo del bene e di quei pilastri che hanno costituito la società occidentale.