Last updated on Luglio 29th, 2021 at 02:18 am
Quello peggiore è sempre il giorno dopo. La sbronza dà il mal di capo e così pare la ridda delle interviste, delle dichiarazioni, dei commenti, delle reazioni, delle opinioni. “Autorevoli”, “blasonate”, firmate.
Le dimensioni del campo e le regole del gioco le ha impostate ancora una volta l’autorità costituita italiana. Fedez. Gli altri hanno sculettato a ritmo. Ora, le fresconate sulla Chiesa Cattolica che non pagherebbe le tasse e su “chi ha concordato il Concordato” sono belle che archiviate e amen. Quello che invece continua a bucare il video è la lezioncina sul parlamento come luogo dove si discutono le proposte e dove si approvano o si bocciano le leggi. La lezioncina l’hanno ripetuta l’ex premier Matto Renzi, che a La Repubblica ha detto: «Il ddl Zan non viola il Concordato e la nota verbale del Vaticano è un errore. Le leggi le scrivono i parlamentari, non i cardinali», cavandoci pure un bel meme, e, prima ancora, in Senato, l’attuale premier Mario Draghi. Ma una maestrina di Voghera li rimanderebbe entrambi a ottobre.
La distinzione fra parlamento e governo dovrebbero insegnarla alle medie, forse alle elementari. Ovvio che la «nota verbale» recapitata all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede il 17 giugno da monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato vaticana (appuntino per Renzi: non è cardinale), si appelli al governo e non al parlamento. Lo Stato del Vaticano non è l’Italia. Lo Stato del Vaticano è uno Stato estero. Mi scuso per la pedanteria, ma pare che nell’Italia dominata da Fedez si debba tornare all’abc. Fra la Repubblica italiana e lo Stato del Vaticano esiste un accordo che si chiama Concordato. È un trattato internazionale fra due Stati sovrani, seppur di un genere particolare e di un taglio specifico. Sentendo minacciato quell’accordo internazionale, lo Stato del Vaticano incarica il proprio ministro degli Esteri di ammonirne la Repubblica italiana. Per farlo, il ministro vaticano degli Esteri fa quello che fanno gli Stati sovrani in casi simili: recapita una nota all’ambasciata. La nota chiama in causa il potere esecutivo dello Stato a cui il Vaticano si rivolge, il governo italiano. Non entra, perché non può, nel merito dell’attività parlamentare di uno Stato sovrano poiché altrimenti sarebbe ingerenza indebita. Si rivolge al proprio interlocutore naturale e ufficiale.
Ora, ricordare come fanno Fedez, Draghi e Renzi che le leggi italiane le discute e le approva o le boccia il parlamento italiano è un fervorino che sbaglia indirizzo. Lo Stato del Vaticano lo sa benissimo, ma non ha mai avuto intenzione d’interferire con il processo parlamentare. Ha, ancora una volta, semplicemente chiesto al governo italiano di vegliare per non violare quel trattato internazionale che si chiama Concordato poiché altrimenti la Repubblica italiana commetterebbe una violazione grave del diritto internazionale.
Spostando il focus dall’interlocuzione fra Stati sovrani sul Concordato che ne regola i rapporti al parlamento italiano, Fedez, Draghi e Renzi trovano la scusa per non rispondere al quesito posto dalla «nota verbale» vaticana con piena legittimità sostanziale e correttezza formale.
Nell’incubo del giorno dopo ci sono poi anche gli ecclesiastici. Ognuno dice la propria, qualcuno risponde al Fedez che distrae le masse. Restiamo per carità di patria invece ai fatti, in questo caso ai documenti, che sono lo scheletro che rimarrà ai posteri da analizzare per capire di che pasta fosse la nostra civiltà dopo che le parti molli della stessa si saranno consumate. La «nota verbale» dice cose precise. Lo fa alla perfezione. Lo fa facendo quel che può realisticamente fare. Lo fa in punta di diritto e giustizia. Lo fa ponendo una questione precisa e forte che invece Fedez, Draghi e Renzi cercano di sviare, seguiti da qualche ecclesiastico la cui buona fede non mi sogno nemmeno di discutere perché non cambierebbe il risultato. Fine della questione. Ai parlamentari italiani l’azione parlamentare sulla proposta di legge recante il nome dell’on. Alessandro Zan e su tutte le sue illibertà.
Le opinioni non interessano ad alcuno. A me non interessano nemmeno le mie. Per questo non dirò che il «ddl Zan» non è da riformare o da emendare, bensì totalmente da bocciare giacché ne è errato l’impianto, la forma e la lettera, laddove se gli articoli problematici sono soprattutto l’1, il 4 e il 7, proprio per come esso è concepito e scritto, riformare quegli articoli non è possibile senza stracciare completamente il foglio, anzitutto e soprattutto dal momento che la legge italiana già punisce che si macchi di reati di odio, e pure la cosiddetta Legge Mancino, su cui il «ddl Zan» si basa, non è esattamente un capolavoro di giustizia: è infatti anche essa superflua, dal momento che è anche essa relativa a un settore già ampiamente coperto dalla legislazione precedente e vigente, e dunque straordinariamente pericolosa, in quanto di possibile ambigua applicazione anche in campo religioso.
Mi contento di constatare che, Vaticano o non Vaticano, in Italia non è più questione di fede, ma di Fedez.