Un governo non per la famiglia è un governo fallito

L'Associazione Family Day chiede misure immediate per la famiglia a fronte della «Fase 2». Vediamo cosa succede

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Il governo italiano non bada a spese, quanto a parole. Quanto a promesse, idem, regolarmente disattese. Nel pieno (ancora) della crisi del coronavirus, il governo italiano in carica, non particolarmente famoso per la sollecitudine nei confronti della famiglia, ovvero un governo di sinistra, cioè afferente a una ideologia non certo famosa per la sollecitudine nei confronti della famiglia, continua a guardare nella direzione opposta rispetto alla famiglia.

Massimo Gandolfini, presidente del Comitato “Difendiamo i nostri figli” e portavoce dell’Associazione Family Day, punta il dito contro le misure previste dal governo italiano per la cosiddetta «Fase 2», ovvero l’uscita progressiva da quella serrata generale che per settimane ha paralizzato il Paese, definendole «totalmente prive di prospettiva familiare».

In concreto, dice, «in Italia ci sono 12 milioni di famiglie con 8,4 milioni di figli a carico in età scolastica: se le scuole restano chiuse, chi terrà i minori? Non si può dire ai genitori di tornare a lavorare senza alternative, né ai nonni – i soggetti più a rischio contagio – di occuparsene».

Già: riparte il lavoro, ma se la scuola non riparte, dei figli che ne facciamo? Il governo italiano non ci pensa nemmeno, rapito e paralizzato dalla prospettiva single, culturalmente parlando, o sterile, sempre culturalmente parlando.

Per questo Gandolfini auspica misure concrete immediate:

1) un assegno di 200 euro mensili per ogni figlio 0-15 anni, indipendentemente dal reddito dei genitori, per le spese causate dal proseguimento della chiusura delle scuole (babysitting, dotazioni tecnologiche per didattica a distanza, intrattenimento estivo, e così via); sarebbe niente altro che una restituzione di parte delle tasse versate;

2) l’estensione fino a fine anno scolastico della possibilità di fruire del congedo parentale straordinario con indennità all’80% della retribuzione dei genitori (e degli affidatari), costretti a non lavorare per accudire a casa i minori fino a 12 anni;

3) l’inserimento in forma stabile, nella task force incaricata di pensare e di disporre la riapertura dell’Italia istituita nel ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di rappresentanti dei genitori;

4) e il permesso di accedere ai parchi, con precedenza data alle famiglie con bambini, i soggetti più psicofisicamente bisognosi di muoversi all’aria aperta.

Perché esiste un governo? Per assicurare ai cittadini il godimento di quelle condizioni di libertà e di sicurezza che consentano loro di vivere nel massimo del benessere possibile. Al minimo. Un governo esiste anche per altro, ma oggi ci fermiamo qui. Ora, il benessere è una condizione sacrosanta del vivere della persona. Non significa solo il godimento di beni materiali e di soddisfazioni di tipo materiale, ma, in parte sì, anche. Il massimo del benessere possibile è una misura elastica, ovvero dipende da una pluralità di fattori, di condizioni, persino dai tempi e dalle latitudini, certamente dalle culture. È insomma relativo. Quel che invece resta misura assoluta è che va fatto il possibile per garantire che i cittadini godano del massimo del benessere relativo legittimamente e logicamente auspicabile in una data condizione concreta. Ideale e praticità. I primi cittadini da garantire, tutelare, difendere e proteggere sono sempre i soggetti più bisognosi. I bambini sono primi fra questi primi, assieme alle loro famiglie, che sono e restano il luogo naturale, privilegiato e di eccellenza dove la persona umana si sviluppa, con buona pace della prospettiva single, culturalmente parlando, o sterile, sempre culturalmente parlando, che domina anche il governo italiano.

Quando un governo non fa questo, cioè non assicura questo massimo di benessere relativo, è un governo fallito. Vediamo come andrà a finire la richiesta rivolta da Gandolfini al governo single-minded italiano.

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