Last updated on Agosto 4th, 2020 at 03:43 am
La rivoluzione trans passa per Massimo Gandolfini, portavoce del Family Day, appeso per i piedi, magari finché morte non gliene incolga.
È quanto sta scritto su un cartello ostentato da un ragazzotto e finito orgogliosamente su Facebook.
L’immagine l’han già vista tutti. Noi sfochiamo i tratti dell’ostensore perché non siamo come lui. Noi le persone come lui non le vogliamo affatto appendere per i piedi, non vogliamo fare loro alcun male.
L’immagine l’han già vista tutti, ma noi la ripubblichiamo, spersonalizzata, appositamente oggi perché oggi la Camera dei deputati discute del disegno di legge sulla cosiddetta «omo/transfobia» che porta il nome dell’on. Alessandro Zan.
Vorremmo infatti che l’Aula, e l’on. Zan in testa, si sforzasse di riflettere. Chi è violento? Chi auspica che l’avversario soffra e muoia? Chi è intollerante? Chi scatena odio? Chi invita a colpire? Chi squalifica gli altri? Chi dileggia i diversi? Chi istiga a vie di fatto? Chi, insomma, sta dalla parte sbagliata, potenzialmente violando la legge?
Poche settimane fa la “voce” Wikipedia dedicata al senatore Simone Pillon ne auspicava la morte per il suo impegno pro-life e pro-family. Adesso tocca a Gandolfini, simbolo di un mondo intero, penzolare. È dunque questo il mondo nuovo che il parlamento italiano vuole costruire?
Quando ho visto la foto, tardi, solo venerdì, ho scritto a Gandolfini. Che mi ha risposto con calma, la virtù dei forti, autorizzandomi a mettere poi in pagina le sue parole: «Il ragazzo che porta quel cartello è solo lo strumento cieco di una occhiuta rapina, per parafrasare i versi di Sant’Ambrogio di Giuseppe Giusti (1809-1850). La responsabilità di questo clima di intolleranza è di chi strumentalizza buoni sentimenti, come la lotta alla violenza e alla discriminazione, con leggi inutili, dannose e profondamente liberticide, sostenendo un clima d’odio verso chi non la pensa come loro». La pace sia con loro.
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