Last updated on marzo 11th, 2021 at 10:55 am
Esistono disabilità fisiche evidenti, ma esistono anche disabilità del cuore, dell’anima, della mente. Esistono ferite e fragilità, esistono debolezze e speranze che abitano nel cuore di ciascuno di noi, dalle quali nessuno può dirsi immune. La diagnosi di una disabilità evidente è una brutta notizia, ma dietro a una diagnosi c’è una persona, e questa persona è sempre una bella, una bellissima notizia. Si potrebbe condensare in queste parole il motore che muove lo spettacolo Siamo fatti di-versi, perché siamo poesia, proposto da Guido Marangoni, papà della piccola Anna e autore dei libri Anna che sorride alla pioggia (2017) e Come stelle portate dal vento (2019).
Lo spettacolo ha fatto tappa a Pavia mercoledì 5 febbraio, al teatro dell’Istituto Maria Ausiliatrice. È un viaggio nella vita di una famiglia, fra aneddoti, poesie e le musiche dal vivo di Nicola De Agostini. Tutto ha inizio sei anni fa, quando Guido e sua moglie Daniela scoprono che c’è in arrivo un nuovo bimbo per la loro famiglia. Si tratta della terza gravidanza (Guido e Daniela hanno già due figlie, Francesca e Marta), ma arriva dopo alcune non andate a buon fine. Per questo i medici invitano Daniela a sottoporsi ad alcuni accertamenti. Guido spera tanto in un maschietto, perché, come racconta nello spettacolo, vorrebbe un alleato nella sua famiglia tutta al femminile. Dopo alcuni esami i genitori vengono convocati dalla dottoressa, che apre il plico di carte con gli esiti e legge con voce triste: «Trisomia 21». A Guido crolla il mondo addosso, non sa cosa dire; sua moglie, invece, senza battere ciglio, risponde: «Sì, OK dottoressa: ma è maschio o femmina?». La dottoressa la guarda incredula: «Signora, forse non ha capito, stiamo parlando della Sindrome di Down». Ed è sempre Daniela a ribattere: «OK, ma noi volevamo sapere se è maschio o femmina; sa, abbiamo già due figlie».
Sarà anche scontato, ma vale la pena ricordarlo: c’è qualcosa di divino nello sguardo di una madre nei confronti del figlio. Uno sguardo che rimane pieno d’amore anche davanti alle paure più grandi. «Non posso fingere, mi è crollato il mondo addosso in quello studio», racconta Guido all’inizio dello spettacolo, «nella testa risuonava Madre Teresa di Calcutta che diceva “non avere paura”, ma tutto il mio mondo era scosso, tutte le mie certezze erano in crisi». E così, mentre lo spettacolo prosegue, piomba sul teatro una notizia: «La Sindrome di Down non è una bella notizia», annuncia Guido solennemente. «Nessun genitore vorrebbe mai sentirsi fare una diagnosi di disabilità nei confronti del figlio. Mai. E noi abbiamo pianto tanto, tantissimo».
Intanto le persone vicine alla famiglia li sommergono di frasi di circostanza: «Coraggio, tutto andrà bene» o ancora «Dio può fare i miracoli». Questa frase rimane incisa nel cuore già ferito di Guido e Daniela, fino all’incontro con un amico sacerdote, che li invita a portare la loro testimonianza a un gruppo di giovani. Mentre la frase continua a sprofondare nel cuore, don Federico rivoluziona la prospettiva: «Come si può pensare che Dio debba intervenire per correggere quello che è già un miracolo? Non c’è nulla da risolvere, se non le nostre paure, le nostre piccolezze, le nostre misere e arroganti aspettative umane». È una scossa, una spinta che trasforma lo sguardo, che accompagna Guido, Daniela, Francesca e Marta fino al parto, quando il cielo di carta si strappa: «Il sorriso di Anna, il suo taglio d’occhi vagamente orientale, il suo primo pianto così misurato, come per non disturbare. Anna è la più bella notizia che potessimo ricevere. Anna mi ha fatto sorridere della mia pochezza, delle mie paure. Anna mi ha fatto scoprire di essere in errore quando confondevo una sindrome con la persona. Tutti abbiamo una disabilità, ma non dobbiamo confondere la nostra disabilità con il nostro essere persone. Noi non siamo quella nostra caratteristica, noi non siamo quella nostra fragilità, noi siamo Anna, Guido, Daniela, etc. E tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un incontro, perché l’incontro spazza via ogni paura, ogni pregiudizio».
Le due ore di spettacolo volano, con il pubblico che ascolta rapito, tra qualche lacrima e tante risate. Nelle ultime battute dello spettacolo Guido stesso svela la propria disabilità, mascherata attraverso un piccolo trucco, e lascia gli spettatori senza parole. Fino a quel momento nessuno tra il pubblico se n’era accorto. Sul palco vengono proiettate molte immagini, il filo rosso è una rosa dei venti. Recita Guido: «Vorrei smarrire la strada, sempre, in ogni istante. Perché quella sensazione di spaesamento a volte fa paura, ma è solo partendo da lì che si scoprono nuovi orizzonti». Prossima tappa il 29 febbraio alle 16.30 ad Abano Terme, Padova, Cinema Marconi.