Last updated on Novembre 12th, 2021 at 10:01 am
Come gli individui che iniziano con uno spinello e, per tappe successive, si trasformano in tossicodipendenti, così i governi, se liberalizzano le droghe cosiddette leggere, finiscono per diventare narco-Stati. Dagli allegri coffee-shop di Amsterdam al terrore instaurato nei Paesi Bassi dalle organizzazioni di trafficanti di stupefacenti, il passo è stato breve, riferisce il settimanale tedesco Der Spiegel, nella sua edizione internazionale.
Il lungo reportage, a firma di Jürgen Dahlkamp, Jörg Diehl e Roman Lehberger, originariamente pubblicato con il titolo «Lo scivoloso pendio olandese, dalla tolleranza sugli stupefacenti al terrore della droga», in lingua tedesca sul n. 42/2021, datato 16 ottobre 2021, parte dall’assassinio a colpi di pistola, avvenuta il 6 luglio, del noto giornalista Peter R. de Vries, che investigava sull’attività dei narcos neerlandesi.
I sospetti della stampa cadono sul 41enne Ridouan Taghi, di origini marocchine, in carcere dal 2019 con una decina di accuse per una serie di omicidi, traffico di droga e riciclaggio. È l’esponente più noto della «Mocro Maffia», la rete di gang di origini nordafricane che avevano iniziato a operare sul territorio dei Paesi Bassi nel 2009 spacciando hashish per poi passare alla più redditizia cocaina. Prima del giornalista erano stati eliminati l’avvocato e il fratello del maxi-testimone del processo a carico di Taghi, che tuttavia nega attraverso i propri legali di essere stato il mandante delle esecuzioni.
Dietro le quinte delle vicende giudiziarie la criminalità organizzata sta combattendo una guerra che sposta miliardi di euro e che ha trovato il proprio campo di battaglia ideale proprio nel Paese che si autopercepisce come pacifico e tollerante, non solo con le case di tolleranza dei quartieri a luci rosse, ma anche con le sostanze stupefacenti, in base all’ipotesi, peraltro smentita che “una canna non fa male a nessuno”.
Invece, oltre ai danni diretti dello “sballo” sulla salute, Der Spiegel riporta almeno 20 morti violente l’anno almeno dal 2012, anno in cui viene datato l’inizio della lotta fra bande per il controllo del mercato. Cadono vittime del bagno di sangue anche giornalisti, magistrati, gente comune mentre perfino il primo ministro Mark Rutte sembra essere finito nel mirino dei gangster. Chiunque si mette di traverso al business viene travolto. Lo giustifica il fatturato della produzione di droghe chimiche e sintetiche nei Paesi Bassi, che, relativamente al 2017, è valutato in 18,9 miliardi di euro, corrispondenti in volume a un milione di pillole.
Ecco perché, a giudizio di Frank Buckenhofer, capo del sindacato delle guardie di frontiera tedesche, «i Paesi Bassi sono il supermercato della droga dell’Europa». Anche la clientela è in aumento: sono 4,4 milioni i consumatori di cocaina nell’Europa centrale e occidentale, secondo le Nazioni Unite. Occorre parecchia manovalanza per gestire un commercio di dimensioni continentali e con legami oltreoceano. I killer vengono affittati per 50mila euro per ogni obiettivo colpito e nelle periferie disagiate di Amsterdam i giovani si mettono in fila per essere assoldati, rivela un inquirente che parla alla testata tedesca celandosi dietro il nome fittizio di Cees. Forse non sorprenderà gli spettatori di serie come Gomorra né tanto meno chi pone attenzione ai servizi di cronaca nera dall’area partenopea, ma i Paesi Bassi sono generalmente considerati un luogo all’avanguardia, dotati di servizi sociali efficienti, che attraverso la propria cultura libertaria si sono affrancati dalla barbarie. Peccato che abbiano introdotto anche per legge il rifiuto della vita consentendo l’eutanasia, salvo poi pentirsene, e poi proseguano sulla stessa linea concependo il progetto mostruoso della somministrazione obbligatoria di farmaci contraccettivi.
Fra angeli della morte c’è una concorrenza naturale e preternaturale, ma alla fine ci s’intende: il loro nemico è sempre la persona umana.