I sei Stati che fanno parte della Federazione australiana, Australia Orientale, Australia Occidentale, Nuovo Galles del Sud, Queensland, Victoria e Tasmania, ci sono già arrivati da tempo, a partire dal 2019. L’eutanasia e il «suicidio assistito», in quelle zone, sono stati resi legali nonostante l’opposizione di parte della popolazione, prevalentemente quella di religione cattolica.
Fra i motivi di opposizione, evidenziati anche dall’arcivescovo di Sidney, monsignor Anthony Fisher, vi è quello degli abusi sugli anziani, di cui già «iFamNews» ha riferito, e i «tassi allarmanti di suicidio tra le persone vulnerabili».
Ora anche i dieci Territori, che insieme ai sei Stati compongono la Federazione, potrebbero adottare la medesima legislazione. In particolare il Territorio del Nord e il Territorio della Capitale Australiana, dove è stato presentato dai deputati laburisti Luke Gosling e Alicia Payne un disegno di legge che mira a rendere legale quella che i suoi sostenitori definiscono «morte assistita».
Il Restoring Territory Rights Bill 2022 è stato approvato nella Camera bassa il 3 agosto, con 99 voti favorevoli e 37 contrari, dopo due giorni di dibattito. Passa ora per la discussione nel Senato, dove però è prevista qualche resistenza, soprattutto in ragione della tutela delle minoranze aborigene più fragili.
Già nel 1995, in realtà, il Territorio della Capitale Australiana è stato il primo luogo nel mondo in cui sia stato legalizzato il «suicidio assistito volontario» e quattro persone vi sono ricorse, ottenendo così il “diritto” a togliersi la vita. Nel 1997 però il deputato Kevin Andrews, del Partito Liberale, ha presentato un disegno di legge che ha impedito con successo ai Territori di legiferare in merito. Nel 2018, un nuovo disegno di legge che mirava ad abrogare quello del 1997 non è stato approvato, benché per due soli voti.
Ora tale presunto “diritto” pare essere sul punto di tornare in vigore, respingendo l’opposizione di parte della società civile e allineando i Territori ai sei Stati australiani, dove fra l’altro la legislazione obbliga anche le organizzazioni sanitarie e di assistenza agli anziani di fondazione religiosa, fieramente contrarie al «suicidio assistito», a consentire tale pratica nelle proprie strutture.
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