Last updated on Dicembre 2nd, 2020 at 06:16 pm
Gratis ed erogati direttamente dalle farmacie ospedaliere. Dal 1° ottobre, grazie alla determina pubblicata in Gazzetta Ufficiale dall’Agenzia del Farmaco, i medicinali che consentono di effettuare la transizione di genere saranno a carico dello Stato italiano. Cioè dei contribuenti. Cioè di noi tutti.
«Garantire il diritto alla salute a tutte le persone, nessuna esclusa, è un orizzonte di civiltà a cui una società deve necessariamente tendere. Un bel passo in avanti nella direzione di una comunità più inclusiva», spiega Elly Schlein, vicepresidente della regione Emilia-Romagna, la prima a prevedere la gratuità delle terapie ormonali. Secondo Marco Tonti, coordinatore di Arcigay Emilia-Romagna, ripreso da la Repubblica assieme alla Schlein, si tratta di «farmaci vitali», per i quali era necessario porre «fine a un’epoca di arbitrarietà nella somministrazione».
Peso ideologico della svolta? Rischi per la salute? Impatto sui giovani? Ovviamente sono domande che la narrazione politicamente corretta non ammette nel dibattito pubblico.
La rivoluzione arcobaleno
La decisione, definita una vera e propria «rivoluzione» da Arcigay, consente ora alle persone che stanno compiendo un processo di transizione di acquistare, con ricetta, i farmaci direttamente in farmacia, gratuitamente. La questione della spesa economica è stata da sempre al centro del dibattito: durante tutta la transizione infatti, spesso anche dopo gli interventi per la riassegnazione chirurgica, la persona è costretta ad assumere giornalmente ormoni, per evitare che il processo si interrompa.
La conferma è data anche da ChimerArcobaleno.org: «La terapia ormonale deve inoltre essere mantenuta per tutta la vita (negli uomini trans* per mantenere la virilizzazione e per evitare sintomi vasomotori e/o l’osteoporosi). Una dose adeguata di testosterone, ad esempio, è importante per conservare la massa e la densità ossea negli uomini FtM».
La strada della transizione si fa insomma più accessibile, ma non per questo più sicura: leggendo i numerosi articoli pubblicati in queste ore e la gioia social che si è diffusa da subito, si scopre che i pericoli per la salute sono il vero grande assente del dibattito. In realtà, a fare una ricerca più approfondita, alcuni campanelli d’allarme iniziano a suonare.
A parlarne è la stessa TGNS, ovvero Transgender Network Switzerland, un’associazione che opera a livello nazionale in favore delle persone trans. Sul loro sito è possibile trovare consigli e informazioni per chi volesse decidere di intraprendere il percorso di transizione. Compresa l’idea di anticipare il più possibile il trattamento: «Per i bambini e i giovani esiste la possibilità di «rinviare» la pubertà mediante farmaci che bloccano la pubertà. In questo modo i cambiamenti fisici indesiderati della pubertà possono essere fermati e i giovani possono guadagnare tempo per poter decidere definitivamente per un cambiamento di sesso».
Domande no, pillole sì
A fronte di un disturbo chiamato “disforia di genere”, dunque, l’unica soluzione ammessa oggi è l’avvio di un percorso di transizione. Da subito. Non serve ripensare, non serve dare tempo al tempo, magari aspettando che passi la tempesta dell’adolescenza, non serve confrontarsi con il proprio medico di famiglia: meglio recarsi immediatamente nel centro ONIG (Osservatorio nazionale sull’identità di genere) più vicino e dare il via alla trasformazione. Eppure rimangono lati oscuri, che curiosamente si ritrovano in un dépliant realizzato dall’Asl di Salerno con il Consultorio per il benessere delle persone transessuali.
Qui si legge che gli effetti collaterali legati all’assunzione di androgeni possono essere: «Ipertensione arteriosa e aumento del rischio cardiovascolare, insufficienza epatica e uretriti emorragiche». Inoltre, ricorda l’Asl, assumere gli ormoni maschili non fa: «cambiare la forme e la misura della struttura ossea, anche se possono modificarne la densità, crescere il Pomo d’Adamo». Gli effetti collaterali legati all’assunzione di estrogeni invece possono essere: «Iperprolattinemia, insufficienza venosa, aumentata incidenza di formazioni di calcoli sia biliari che renali, insufficienza epatica».
Nonostante i non leggeri effetti collaterali che potrebbero comportare, gli estrogeni da soli non possono: «cambiare il tono della voce, ridurre in modo significativo la peluria della barba, cambiare la forma e la misura della struttura ossea, anche se possono modificarne la densità, scomparire o ridurre il Pomo d’Adamo».
Nessuna transizione, per quanto lunga e complessa, potrà mai modificare in pieno il sesso di una persona: «Dopo l’intervento chirurgico è necessario continuare l’assunzione di ormoni», spiega ancora l’Asl, «poiché dopo la rimozione delle gonadi (sia testicoli che ovaie) il corpo rimane senza ormoni sessuali (estradiolo e testosterone), entrando nella fase di andropausa/menopausa».
Quello che gli slogan non dicono
Qualcuno potrebbe sintetizzare: se vogliamo dire la verità, diciamola tutta. Sensazione che si ritrova anche nella citazione dello scrittore francese Anatole France (1844-1924), riportata a margine del volantino: «Tutti i cambiamenti, anche i più desiderati, hanno la loro malinconia, perché ciò che lasciamo dietro è una parte di noi. Dobbiamo morire in una vita prima di poter entrare in un’altra».
Un’atmosfera che stride con la narrazione più ricorrente oggi, che sembra descrivere un percorso rapido e indolore, fatto giusto di qualche pillola da assumere ogni giorno. Riguardo gli interventi chirurgici, la trasformazione della chirurgia estetica in supermercato di bellezza ha contribuito a diffondere l’idea che in fondo sì, un’operazione è pur sempre un’operazione, ma i propri desideri sono più importanti anche della propria salute (e bellezza). Intanto, mentre nel mondo si spinge per la messa al bando delle cosiddette teorie riparative, l’avanzamento di disegni di legge come il ddl Zan consente di tacitare ogni voce che si sfila dal pensiero unico. A tal proposito, un consiglio: “screenshottare” o scaricare subito la pagina dell’Asl di Salerno. Dopo la citazione di “iFamNews” di oggi, potrebbe presto sparire dai risultati di ricerca.
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