Last updated on Novembre 17th, 2021 at 10:43 am
«Sì alla fecondazione assistita per donne single, lesbiche e trans». Detto, fatto. Adesso l’annuncio dato il mese scorso da Pedro Sánchez, presidente del governo spagnolo, è realtà. Dopo la Francia, anche il Paese iberico ha infatti approvato una legge che estende a donne single e lesbiche la possibilità di accedere alla procreazione medicalmente assistita. In più la Spagna ha deciso di coinvolgere anche le donne transessuali.
«Espandere i nostri valori»
Il ministro della Salute, Carolina Darias, ha firmato l’ordinanza che spazza via i paletti sull’identità sessuale e lo stato coniugale dei soggetti richiedenti. «Oggi è un giorno di restituzione di diritti che non dovrebbero essere mai stati aboliti», ha dichiarato la Darias, come riporta EuropaToday, aggiungendo che «si tratta di proteggere ed espandere i diritti, i nostri valori e un chiaro impegno per la solidarietà. La nostra intenzione è continuare il recupero dei diritti attraverso la salute pubblica universale».
Una battaglia dal 2014
Il progetto di legge sulla procreazione medicalmente assistita estesa è un cavallo di battaglia dell’estrema sinistra di Podemos, che fa parte dell’attuale coalizione di governo in Spagna. Nel 2014 un emendamento dell’allora governo guidato dal Partido Popular aveva limitato l’accesso a questa pratica soltanto alle donne eterosessuali con un partner e con un attestato problema di fertilità. Nonostante la limitazione posta dall’allora governo spagnolo, in questi anni la maggioranza delle comunità autonome ha offerto il servizio alle donne di vario orientamento sessuale e a prescindere dalla loro condizione di salute riguardo alla fertilità.
Il primo passo nel 2018
La situazione a livello nazionale ha cominciato a modificarsi nel 2018, parallelamente al cambio di governo. L’allora ministro della Salute, Carmen Monton, annunciò un rapporto sulla procreazione medicalmente assistita. Ma il documento non aveva alcun valore legale, tanto che in tre anni è rimasto lettera morta. La svolta è giunta soltanto nei giorni scorsi, con l’ordinanza del suo successore al ministero, Darias, che modifica il portafoglio dei servizi offerti dal Sistema sanitario nazionale.
Sánchez e la mercificazione delle donne
Agli albori del secondo governo Sánchez, nel gennaio 2020, la coalizione depositò un programma un cui capitolo era dedicato alle politiche femministe. Vi si leggeva: «Lo sfruttamento riproduttivo è vietato dalla nostra legislazione, in linea con le raccomandazioni del Parlamento europeo. Le pance in affitto minano i diritti delle donne, soprattutto di quelle più vulnerabili, mercificando i loro corpi e le loro funzioni riproduttive. E per questo, agiremo di fronte alle agenzie che offrono questa pratica sapendo che è vietato nel nostro Paese». Fu un’iniziativa lodevole, senz’altro. Tuttavia gli estensori di quel documento, giustamente solerti nel sottolineare come l’utero in affitto sia una mercificazione del corpo femminile, non si curarono del bambino: del suo bisogno alla genitorialità, del suo diritto a non diventare un capriccio degli adulti. Oggi, forse, si spiega il motivo del passaggio mancante sul bambino in quel programma di governo.
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