Last updated on Dicembre 9th, 2020 at 05:02 am
È uno scontro di civiltà anche quello in atto in Spagna fra la Conferenza episcopale e il parlamento, dove è in discussione una proposta di legge che vorrebbe garantire ampia protezione legale a chi compisse atti di eutanasia e di suicidio assistito. Secondo la legislazione vigente, infatti, chi cagiona la morte di una persona con un atto eutanasico rischia fino a 10 anni di carcere, ma le spinte per l’approvazione della nuova legge si fanno sempre più forti. La Conferenza episcopale spagnola ha quindi abbandonato ogni indugio, ogni forma di critica diplomatica ed è scesa in campo con tutte le forze di cui dispone per cercare di fermare la nuova legge pro eutanasia, come racconta CNA, Catholic News Agency.
«Non ci sono pazienti incurabili»
Pochi giorni prima della presentazione alla stampa della lettera Samaritanus bonus, firmata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata da Papa Francesco, i vescovi spagnoli avevano diramato una lunga dichiarazione nella quale anticipavano i temi poi presenti nel documento vaticano: «Non ci sono pazienti che non possono essere curati, anche se inguaribili», si legge. «La vita umana non è un bene del quale chiunque può disporre. Non si può proporre la morte come soluzione ai problemi». La scenografia ideologica della legge a favore dell’eutanasia è l’individualismo crescente, denunciano i vescovi: «Insistere sul “diritto all’eutanasia” è tipico di una visione individualista e riduzionista dell’essere umano, è tipico di un concetto di libertà estraneo alla responsabilità».
Sì alle cure palliative
La proposta di legge del Partito socialista operaio (PSO) viene dunque rigettata in toto dalla Chiesa del Paese iberico, che intanto rilancia e chiede investimenti sulle cure palliative: «La cosa migliore da fare con la medicina è guarire, ma anche prendersi cura, alleviare e confortare, soprattutto alla fine di questa vita. La medicina palliativa mira a umanizzare il processo della morte e ad accompagnarlo fino alla fine. Non ci sono pazienti “incurabili”, anche se sono inguaribili. Pertanto, chiediamo una legislazione adeguata alle cure palliative, una legislazione che sia responsabile dei bisogni attuali che rimangono ancora senza risposta». Bisogni che, secondo la Conferenza episcopale spagnola, sono resi oggi più drammatici a causa della pandemia da coronavirus.
Con una diffusione preoccupante della solitudine, conseguenza di un lungo isolamento e della rivoluzione dello stile di vita: «La fragilità della vita che stiamo vivendo in questo tempo costituisce un’opportunità per riflettere sul significato della vita, sulla cura fraterna e sul significato della sofferenza e della morte. Tanti pazienti muoiono soli e la situazione degli anziani ci sfida. Dire sì alla dignità della persona, ancor di più nei momenti di massima indifferenza e fragilità, ci obbliga a opporci a questa legge che, in nome della presunta morte dignitosa, nega alla radice la dignità di ogni vita umana».
Coronavirus e cultura dello scarto
Pochi giorni fa è intervenuto pubblicamente anche il cardinal Antonio Cañizares Llovera, arcivescovo metropolita di Valencia, che ha definito l’eventuale approvazione della legge una sconfitta, una «grande e storica sconfitta per tutta la Spagna». L’arcivescovo si è rivolto direttamente ai politici, che sono diventati: «nemici che si oppongono alla società, disposti a sconfiggere la società che rappresentano e sono chiamati a proteggere, sostenendo con un disegno di legge che diffonde e allarga la cultura della morte».
La Spagna sta combattendo contro la pandemia di CoVid-19, i numeri tornano a crescere e il governo riduce le possibilità di assembramento e di spostamento, e il cardinale si riferisce proprio a queste misure quando dice: «Con quale autorità morale possono rivolgersi alle persone e chiederci cosa ci viene chiesto? I politici non vedono la richiesta per le persone di entrare in isolamento o di seguire le raccomandazioni sulla salute e la sicurezza, mentre discutono sul suicidio assistito, come un segno di contraddizione?». L’isolamento, lo smart working e il divieto di assembramenti sono volti a tutelare tutti, ma in modo particolare la fascia più anziana della popolazione, cioè quella più fragile e più esposta al contagio. Eppure queste misure di protezione sembrano scontrarsi con la nuova legge pro eutanasia, che viene vista dai vescovi spagnoli come un passo «verso la cultura dello scarto».
Che senso ha tutelare gli anziani, i malati, i più fragili, se contemporaneamente si introduce il concetto di “qualità della vita”, di “vita non degna di essere vissuta”? L’esempio dei Paesi dove l’eutanasia è già consentita dalla legge preoccupa i vescovi, che difendono la loro presenza nel dibattito pubblico senza arretrare: «Non è comprensibile la proposta di una legge che metta nelle mani di altri, per di più medici, il potere di togliere la vita a un malato».
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