Last updated on Febbraio 4th, 2021 at 02:16 pm
«Sei sicuro che ti pubblicheranno la nostra intervista?». Don Fortunato Di Noto non è abituato a incontrare la disponibilità dei media cui esporre le proprie battaglie. Da 30 anni, da quando è impegnato con l’Associazione Meter nel contrasto a pedofilia e pedopornografia, segnala il materiale pedopornografico alle polizie postali di tutto il mondo e pure ai media onde sensibilizzare la gente sul fenomeno terribile e gigantesco degli abusi sui minori. Ma i media sembrano non essere molto interessati a questo argomento. «Purtroppo gli allarmi che lanciamo non vengono recepiti come dovrebbero. Ogni anno pubblichiamo Report Meter, il bilancio di un crimine di portata mondiale, che dovrebbe essere letto, approfondito, assimilato, compreso, giacché i numeri lì riportati indicano milioni di minori schiavizzati, torturati e resi oggetti erotici e sessuali. Invece vien taciuto». I media impongono infatti all’opinione pubblica mondiale una visione distorta del fenomeno, come se riguardasse solo il clero della Chiesa Cattolica. E il silenzio di fronte al grido di allarme lanciato di continuo da don Di Noto ne è la prova. Da tantissimi anni seguo il lavoro di questo prete siciliano e non perdo occasione per divulgare la sua lotta impari contro il fenomeno degli abusi sui minori.
I tuoi allarmi continuano a non essere recepiti dai media. Magari le cose che segnali interessano i giornalisti. Quali sono le tue ultime denunce?
Di recente abbiamo denunciato il sito CPZoo, Child Porn Animal: 38 bambini sono stati fatti abusare da cani (ci sono foto e video). Sono stati utilizzati cani addestrati che ne abusassero sessualmente. Probabilmente dopo la nostra segnalazione questi contenuti verranno rimossi.
Dovresti essere contento…
Il sito viene chiuso, sì; però nessuno si occupa di individuare i bambini abusati, gli autori dello scempio, i detentori del materiale e i suoi divulgatori. Noi denunciamo, ma altri dovrebbero agire. Lo ripeto di continuo: non basta semplicemente chiudere un account oppure oscurare un portale o solo bloccarlo. Perché chi lo realizza, lo divulga e vi occupa dello spazio web è un pedopornografo, ovvero un criminale che resta impunito perché non viene identificato. E chi penserà ai traumi di quei bambini, alla loro vita futura? Nessuno.
I dati del vostro rapporto annuale segnalano l’aumento del numero dei casi di pedofilia tra le donne. È possibile che una donna da madre diventi un’aguzzina? Cosa sta succedendo?
È tutto vero. Le donne non sono solo in aumento: sono passate dal coprire i propri compagni di vita (sapevano e non denunciavano) alla pedofilia attiva. Non è più raro trovare foto e video di donne che abusano di bambini. In alcuni casi ci sono anche forme di crudeltà sessuale inaudita. Il male non conosce generi e non distingue fra essi. Quando tutto si riduce a oggetto di godimento per la propria perversione personale, tutto diventa possibile.
Vengono abusati anche i neonati?
Si, purtroppo. Abbiamo denunciato un filone riguardante abusi e violenze sui neonati su una piattaforma tedesca. Alla fine il materiale è stato rimosso, ma nessuno ha data la notizia sui media: nessuno si è indignato e i colpevoli non sono stati identificati. L’abuso sui neonati è così inumano che il mondo intero dovrebbe sollevarsi e fare di tutto affinché crimini così non si ripetano mai più. Ma, anche qui, tutto tace: c’è una vera lobby del silenzio immotivato.
L’Associazione Meter si occupa principalmente di pedopornografia. Come mai milioni di uomini e di donne cercano materiale pedopornografico sul web?
Dietro la ricerca di materiale pedopornografico c’è la perversione. Il cyber-pedofilo è un individuo, maschio e femmina, perverso anche nella realtà. Cerca e trova nella rete la possibilità di soddisfare le proprie fantasie sessuali senza apparentemente contravvenire alle regole morali che la società in cui vive gli impone. Inoltre riesce a soddisfare in maniera virtuale l’abuso (ma anche reale, quando concretizza l’incontro dopo l’adescamento). Tutto contribuisce ad aumentare la devianza. Ci sono tanti tipi di pedofilia e di pedopornografia, uno per ogni tipo di “soddisfazione”: dai neonati ai prepuberi, cioè ragazzi di massimo 13 anni. Noi comunque non ci limitiamo alla denuncia: ci occupiamo anche delle vittime. Attraverso il centro di ascolto e di cura accogliamo e accompagniamo le vittime degli abusi. In 17 anni sono state circa 1700.
Combattendola per così tanti anni ti sei chiesto quale sia la radice della pedofila?
La pedofilia è radicata nella pornografia, nell’idea del sesso libero, nell’erotizzazione della società e nel turismo sessuale. La persona viene ridotta a oggetto erotico. In una società erotizzata, dove i corpi sono mercificati, i bambini sono merce che soddisfa richieste e bisogni. Per questo un crimine così redditizio ammette anche lo sfruttamento dei minori.
Citavi il turismo sessuale in cerca dei bambini. Se ne parla poco…
Se ne parla poco perché questo fenomeno, enorme e mondiale, viene tenuto nascosto. Per esempio, solo dall’Italia 80mila persone (così denunciano le organizzazioni specializzate) partono ogni anno per il Sud-est asiatico, per l’America Centrale, per il Brasile o per alcuni stati dell’Africa centrale allo scopo di abusare di bambini e di bambine.
Qualcuno contesta i vostri dati riguardanti il numero delle vittime minorenni degli abusi…
L’Associazione Meter è il nostro punto di riferimento. Dal 2002 al 2019 abbiamo inviato 61.525 segnalazioni di materiale pedopornografico alla Polizia postale italiana e a numerose altre polizie estere. In un solo giorno di novembre abbiamo scoperto 22.542 video pedopornografici su un gruppo Telegram, che del resto è ancora attivo: si trattava di bambini in tenerissima età, tutti maschi, ovvero decine di migliaia di minori. Un dato, questo, che rende idea della magnitudo del fenomeno. Ma esistono altre organizzazioni che forniscono dati mondiali oppure disaggregati Paese per Paese.
Per esempio, secondo l’International Center For Missing and Exploited Children, negli Stati Uniti d’America oltre 700mila bambini sono ogni anno vittime di violenze e di maltrattamenti: un bambino su 10 subisce cioè abusi sessuali. Nel 2017 stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) hanno rivelato come raggiunga il miliardo il numero dei minori tra i 2 e i 17 anni che hanno subito violenze o negligenze fisiche, di natura affettiva o sessuale. Secondo stime dell’UNICEF risalenti al 2014 gli abusi sessuali, dal palpeggiamento allo stupro, riguarderebbero oltre 120 milioni di bambine: è fra loro che si registra il numero maggiore di vittime. Nel 2017 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha riferito che in 38 Paesi a reddito basso e medio quasi 17 milioni di donne adulte hanno ammesso di avere avuto rapporti sessuali forzati durante l’infanzia. Quanto all’Europa, nel 2013 l’OMS ha stimato in oltre 18 milioni il numero degli abusi. Secondo l’UNICEF in 28 Paesi europei circa 2,5 milioni giovani donne riferiscono di abusi sessuali con o senza contatto fisico prima dei 15 anni (dati diffusi nel 2017). Inoltre 44 milioni di donne (pari al 22,9%) sono state vittime di violenza fisica e 55 milioni (il 29,6%) hanno subito violenza psicologica. E ancora: nel 2017 il Rapporto Interpol sullo sfruttamento sessuale dei minori ha portato all’identificazione di 14.289 vittime in 54 Paesi europei. Le nostre non sono cioè cifre inventate.
Ma appunto i media che non diffondono questi dati agghiaccianti, tacendo la piaga mondiale degli abusi sui minori e spesso magari giustificando la pedofilia o addirittura promuovendo l’ideologia pedofila, attaccano la Chiesa, i vescovi e i sacerdoti per singoli casi di pedofilia, spesso verificatisi tanti anni fa…
Una volta ti dissi di come tanti nella Chiesa soffrano di una specie di «sindrome di Stoccolma»: accettano qualsiasi accusa o addirittura provano riconoscenza nei confronti della gente che attacca la Chiesa e vorrebbe tenerli in ostaggio morale. Questo però non aiuta affatto a combattere la pedofilia nel mondo, giacché la pedofilia nella Chiesa è certo un dramma, ma di proporzioni limitate, laddove invece nel mondo questo fenomeno riguarda decine di milioni di minori e di pedofili in ogni ambito sociale e in ogni angolo geografico. Detto questo, vorrei precisare che la maggior parte degli abusi sessuali commessi dal clero non è pedofilia, cioè rapporti sessuali con minori di 12 anni, bensì efebofilia, vale a dire sacerdoti con tendenze omosessuali che hanno rapporti con giovani maschi. Si parla però sempre di “pedofilia” perché questo colpisce di più l’opinione pubblica e colpevolizza maggiormente la Chiesa. Non si può affatto sostenere che la Chiesa sia una multinazionale per la produzione di abusi. Si devono cioè condannare e perseguire gli abusi in ogni ambito della società, quindi anche nelle organizzazioni sociali e/o religiose, ma di qualsiasi tipo. L’abuso è infatti solo abuso.
Sapevi che in Polonia esiste il gruppo «Feriti nella Chiesa» che si occupa dei casi degli abusi su minorenni operati da sacerdoti?
Non lo sapevo. Ma, ripeto, la stragrande maggioranza dei casi di minori abusati sessualmente non riguarda la Chiesa. Chi si occupa del restante 99% delle vittime? Ci sono gruppi che si occupano dei “Feriti fuori dalla Chiesa”? Mi pare proprio una strana forma di clericalismo.
Parlare di pedofilia nella Chiesa è di moda. I sacerdoti che, magari anche in buona fede, stigmatizzano gli abusi commessi dagli uomini della Chiesa diventano star mediatiche…
Invece io che da 30 anni combatto quotidianamente la pedofilia e la pedopornografia nel mondo non trovo spazio sui media, dove regna il negazionismo sugli abusi commessi fuori dalla Chiesa. E per di più si è pensato di darmi una scorta poiché ricevevo minacce di morte.
Al centro dell’attenzione mediatica ci sono anche le vittime degli abusi compiuti da sacerdoti circondate da avvocati e appoggiate da fondazioni. Che effetto ti fa questo sfruttamento mediatico e ideologico delle vittime dei sacerdoti, sapendo che ci sono milioni di altre vittime abbandonate che nessuno prende in considerazione?
Le vittime devono essere tutelate sempre, e se ne debbono rispettare la sofferenza e il dolore. Un abuso provoca un “omicidio psicologico” e alcuni non ce la fanno a vivere con questo peso. Questo riguarda tutti gli abusati. Immaginiamoci le persone più volte violate dai padri per anni o da un fratello o dalla madre, oppure da questi venduti, schiavizzati, offerti alle organizzazioni che ne trafficano, fatti scomparire, eliminati, annientati e mai ritrovati. I media hanno un potere enorme: per questo dovrebbero trattare tutte le vittime allo stesso modo senza farsi strumento di lotta ideologica contro la Chiesa a scapito della verità.
Del resto va preso in considerazione anche il problema reale dei falsi abusi e delle condanne a mezzo stampa prive di processo e di possibilità di difesa.
Ogni volta che ne discutiamo mi domando se dietro la finta lotta alla pedofilia ci sia solo ipocrisia o anche una grande manipolazione. Libertini, atei, promotori della libertà sessuale e dell’ideologia pedofila che danno lezioni di morale alla Chiesa, chiamandola sul banco degli imputati.
Tu invece, che combatti la pedofilia e la pedopornografia “sul campo”, chi chiameresti sul banco degli imputati?
La società ha le proprie responsabilità nell’erotizzazione dei bambini che è sotto gli occhi di tutti. I colossi del web hanno le proprie responsabilità, che in molti casi sono solo su base volontaria, quanto a tutela della privacy e a disvelamento dei dati utili all’identificazione dei pedopornografi. Gli Stati hanno le proprie responsabilità per non avere uniformato a livello globale le leggi a tutela dei bambini e le norme contro pedopornografia e pedofilia. La responsabilità sta peraltro nel tentativo, oramai non più velato o nascosto, di normalizzazione la pedofilia come un orientamento sessuale possibile. I portali di questo genere sono migliaia e i loro sostenitori, che raccolgono persino fondi, sono sempre più numerosi. La lobby pedofilia è onnipresente e ricca. Ecco i veri colpevoli della condizione drammatica dell’infanzia nel mondo di oggi. A chi giova tutto questo?
L’intervista originale in lingua polacco è stata pubblicata nel settimanale “Niedziela”
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