Sì, dalle canne si passa all’eroina

Silvio Cattarina e la comunità “L’Imprevisto”, una storia bella che va raccontata. C’è anche Vasco Rossi

Last updated on Febbraio 14th, 2020 at 01:39 am

Compie 30 anni la comunità terapeutica educativa L’Imprevisto, punto di riferimento nazionale per l’unicità, oltre che per i risultati. Opera, insieme al Centro Diurno, alla Comunità terapeutica femminile Tingolo per tutti, alle Case di Reinserimento e alla Cooperativa sociale “Più in là” nel settore della devianza e della tossicodipendenza. Nel frattempo, dopo aver fallito per inammissibilità l’emendamento alla legge di bilancio, il Movimento 5 Stelle (M5S), riprova con le droghe, infilando una nuova proposta di emendamento nel Milleproroghe e depositando il disegno di legge Manifesto per la cannabis libera. Il senatore M5S Matteo Mantero dice: «legalizzare la cannabis è una questione di buon senso e una priorità per il paese». D’altronde aveva già dichiarato: «È assurdo che in Italia si stia parlando ancora di canapa industriale mentre nel resto del mondo legalizzano la marijuana. Chi parla di droga dimostra grande ignoranza sul tema».

Ignoranza, sì. “IFamNews” ne ha parlato con Silvio Cattarina, trentino di nascita ed emiliano di adozione, fondatore di diverse comunità terapeutiche, tra cui, appunto, l’Imprevisto, sul campo da ormai quarant’anni. Sull’esperienza di tanti ragazzi perduti e ritrovati ha scritto più di un libro. Il più recente, volutamente intitolato L’Imprevisto, cade a fagiolo mentre la spinta alla legalizzazione della marijuana è così forte e così debole la capacità di tenuta delle famiglie.

Il capitano dimezzato

La droga fa male, e la marjuana è una droga: non servono discorsi, bastano le testimonianze raccolte da Cattarina. Camilla dice: «I miei primi rapporti con le sostanze stupefacenti sono cominciati come la maggior parte delle volte accade per tutti: le prime canne in compagnia, in quegli anni in cui vuoi sentirti grande, l’unico padrone della tua vita. Avevo intorno persone molto più adulte, cominciai a provare di tutto, ogni volta sempre più pesante». Marco aggiunge: «Io sono uno di quelli che ha iniziato con uno spinello, con un’escalation verso le droghe pesanti costante». Emilio racconta: «La mia tossicodipendenza è iniziata a quattordici anni con gli spinelli, lo facevo per gioco, per essere accolto dai miei compagni, ma il punto è che mi sentivo sempre più solo, vuoto». Daniele ricorda: «La mia storia inizia quando avevo undici anni. Iniziai col bere, fino a passare alle sostanze più leggere e poi a quelle pesanti». Federica precisa: «La mia esperienza di tossicodipendenza è iniziata a undici anni, con le canne, per poi arrivare a prendere tutto quello che davanti a me si presentava. Non mi bastava mai nulla: dopo alcuni mesi con una sostanza avevo bisogno di qualcosa di diverso. Come se nulla mi colmasse… così a quattordici anni arrivai all’eroina».

Questi ragazzi ce l’hanno fatta. Restano gli altri, purtroppo, vite smembrate. Il libro si chiude strano.

C’è una glossa di Vasco Rossi, che in Diario di bordo del capitano, nel 1996, inneggiava alla sana droga, ma che pure si è scontrato con il mondo buono di Cattarina. Scrive la rock star: «molti abbasseranno le loro aspettative e si accorgeranno improvvisamente che va bene così. Anzi! Capiranno che era così che doveva andare». No Vasco, smettere non vuol dire accontentarsi. Vuol dire rinascere. Scusa se è poco.

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