Se non credi nell’evoluzione sei razzista e omofobo

Lo sostiene uno studio accademico con abbondanza di “secondo me”, di dati insufficienti e di sondaggi alla carlona, ma che evidentemente piace alla gente che piace

scimmia

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Il 9 maggio un noto web magazine italiano dedicato all’evoluzione, Pikaia.eu, ha dato spazio a uno studio scientifico, in peer review, pubblicato a febbraio sul Journal of Personality and Social Psychology. Il titolo è Bigotry and the Human–Animal Divide: (Dis)Belief in Human Evolution and Bigoted Attitudes Across Different Cultures, di Stylianos Syropoulos, Uri Lifshin, Jeff Greenberg, Dylan E. Horner e Bernhard Leidner.

I risultati presentati, basati su otto sondaggi, suggeriscono che una persona convinta del fatto che l’uomo discenda dagli animali riveli atteggiamenti meno razzisti e meno negativi nei confronti di chi non appartiene al proprio gruppo sociale rispetto a chi, invece, crede in un intervento creativo.

Gli otto step alla base dello studio sono i seguenti.

Step 1. Nessuna credibilità statistica

Dopo un sondaggio effettuato sulla popolazione statunitense gli autori giungono alla conclusione che prestare fede all’ipotesi dell’evoluzione comporti atteggiamenti più favorevoli verso le persone nere e, addirittura, una maggior propensione ad abitare vicino a persone di colore. Risulterebbe inoltre che chi creda all’evoluzione sia più portato a non considerare l’omosessualità in maniera negativa.

Ciò che non viene però esplicitato in prima lettura, e che è rilevabile solo attraverso l’analisi attenta dei dati presentati, è che il campione, distribuito su 10 anni, conti solo 22.682 persone, delle quali solamente 8.974 hanno risposto a domande atte a valutarne la credenza nell’evoluzione. Se si considera che nei soli Stati Uniti d’America la popolazione supera i 330 milioni di persone, ci si trova davanti a valori campionati inferiori allo 0,0027% sul bacino rappresentato. Una percentuale che difficilmente può essere indice di una qualsivoglia credibilità statistica.

Step 2. Campione pre-orientato

Le analisi degli autori si basano anche su un sondaggio effettuato in 19 Paesi dell’Europa orientale. Pure in questo caso, ne risulta che chi creda all’evoluzione consideri l’omosessualità più socialmente accettabile.

È bene però focalizzare l’attenzione sul fatto che i 19 Paesi considerati contino un totale di oltre 345 milioni di persone, mentre il campione sondato è di sole 21.827 persone, che rappresenta lo 0,0063% del bacino. Un altro dato che lascia perplessi, oltre alle percentuali così ridicolmente basse, è la dichiarazione degli autori secondo cui la selezione del campione sarebbe pre-orientata: «il campione adoperato per queste analisi era principalmente cristiano, per la maggior parte ortodosso».

Step 3. Certi esclusi

Gli autori esaminano un sondaggio effettuato in 25 Paesi musulmani, per un totale di 28.004 persone, tutte musulmane. La conclusione: «Credere che gli esseri umani si siano evoluti dagli animali è associato a una minore probabilità di avere solo amici musulmani». Vale a dire: chi è evoluzionista può più facilmente avere amici anche fra le persone non musulmane.

Resta il dubbio sul perché questi potenziali amici “non musulmani” siano stati aprioristicamente esclusi dal sondaggio. Anche qui, ciò che non viene indicato è la dimensione del bacino rappresentato, che in questo caso ammonta a 1 miliardo e 390 milioni di persone, ovvero il campione utilizzato rappresenta solo lo 0,002%. Torna poi la succitata perplessità nell’apprendere, a fronte di una percentuale del genere, come i partecipanti selezionati siano «tutti musulmani» nonostante nei 25 Paesi presi in considerazione vi siano anche luoghi dove è lecito professare altre religioni e persino l’ateismo.

Step 4-8. Stesse lacune

Nel quarto sondaggio di cui si fa stato nello studio gli intervistati sono solo ebrei per nazionalità, etnia o religione: 3.562. Considerando il bacino rappresentato, si tratta di meno dello 0,0039%. Gli autori concludono che un ebreo che non creda nell’evoluzione abbia maggiori probabilità di avere amici solo tra ebrei. Sempre gli autori informano che «nessuna domanda del sondaggio è stata incentrata sugli atteggiamenti verso le persone LGBT+». Ma allora per quale motivo la domanda sulle comunità LGBT+ è stata invece inclusa in tutti gli altri sondaggi? Non è dato saperlo. Il dubbio di una volontà di indirizzo a monte dei risultati è lecito.

Lo stesso si ripete, senza grandi variazioni, anche per il sondaggio n. 5 (con soli 499 intervistati), per il n. 6 (509 intervistati), per il n. 7 (1.072 intervistati) e per il n. 8 (1.279 intervistati). Fra i risultati di questi quattro sondaggi vi è che, a quanto pare, «il credere nell’evoluzione umana è un dato correlato al livello di istruzione».

E dunque

Secondo gli autori dello studio, le persone intervistate sarebbero «campioni rappresentativi, provenienti da un insieme molto diversificato di culture». I numeri presentati indicano invece esattamente e clamorosamente il contrario.

Ma oltre che nei numeri, questo saggio pecca pure nella logica. Se, scrivono gli autori, «gli individui che credono che gli esseri umani si siano evoluti dagli animali possono avvertire un maggiore senso di identità di appartenenza comune con altre specie animali», e «mostrarsi più rispettosi anche verso i membri della propria specie» quanto a comportamenti razzisti e omofobi, perché mai ciò non dovrebbe essere altrettanto vero per chi crede che tutti, sia uomini sia animali, abbiano un Progettista comune con un’esistenza teleologicamente connessa? Perché mai in quest’ultimo caso le persone dovrebbero essere più razziste, omofobe e meno predisposte all’amicizia con soggetti appartenenti ad altri gruppi sociali?

E dunque, se si volesse riassumere goliardicamente il senso e la lettera di questo paper, verrebbe da dire che, per certi “scienziati”, chi non crede nell’evoluzione è razzista, ignorante, omofobo, sociopatico e forse mangia pure i bambini. Per rispondere invece in maniera seria a queste millanterie infondate e ideologiche vale la pena tornare al matematico francese Henri Poincaré (1854-1912) per ricordare che la scienza si fa con i dati così come una casa si fa con i mattoni, ma che la mera accumulazione dei dati non è scienza più di quanto un mero mucchio di mattoni non sia una casa.

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