Last updated on Maggio 15th, 2020 at 11:16 am
Una delle principali preoccupazioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel corso della pandemia di coronavirus è consentire alle donne di accedere all’aborto. Sulla questione l’OMS si è espressa ‒ come riportato da “iFamNews” nelle scorse settimane ‒, affermando che «durante l’epidemia di CoVID-19 i servizi relativi alla salute riproduttiva sono considerati servizi essenziali». Tradotto: nonostante il sovraccarico degli ospedali, gli aborti devono continuare a essere praticati. Si può derogare alle visite non urgenti e persino, in certi casi, alle chemioterapie, ma non all’aborto.
Le due risoluzioni
Ora, come riferisce il Center for Family & Human Rights (C-Fam) – organizzazione che ha un rappresentante all’ONU -, sulla stessa linea si collocano anche due risoluzioni presentate nei giorni scorsi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, entrambe riguardanti l’impatto del coronavirus sulle donne. Tutte e due prenderebbero le mosse da un documento pubblicato dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), che elenca una serie di politiche prioritarie per proteggere le donne dalla pandemia, tra cui «servizi di salute sessuale e riproduttiva».
La prima risoluzione ‒ sponsorizzata da Algeria, Cina, Egitto, Arabia Saudita e Zambia ‒ riconoscerebbe le prerogative nazionali quando si affrontano determinati temi. La seconda, invece, sponsorizzata da alcuni Paesi europei, affiderebbe maggior potere decisionale all’ONU subordinandone la sovranità degli Stati. Non solo, questa seconda risoluzione comprenderebbe anche una «nota di orientamento» esplicitamente pro-aborto.
La situazione
Il dibattito sulle due risoluzioni tra i Paesi membri dell’ONU è ancora in corso. Ci sarebbero, tuttavia, sottolinea C-Fam, almeno un paio di elementi che lascerebbero supporre che la strada per la difesa della vita sia in salita. Il sito d’informazione pro-life statunitense fa riferimento anzitutto alle ormai note pressioni delle lobby abortiste. Nulla di nuovo riguardo il primo punto, dunque. Ciò che rappresenta una novità, in questa fase, è invece la modifica delle procedure del sistema delle Nazioni Unite per via delle norme anti-contagio. Sembra che gli Stati membri debbano ripubblicare le risoluzioni da remoto, a distanza, non ci sarebbero negoziazioni informali di risoluzioni e alle delegazioni verrebbero assegnati dei termini temporali entro i quali è possibile opporsi alle risoluzioni. Se non si sollevano obiezioni, la risoluzione viene dichiarata adottata.
L’UNFPA dà i numeri sull’aborto
Secondo l’UNFPA, la pandemia sta limitando l’accesso alla contraccezione dal momento che molte cliniche limitano i servizi e diverse donne evitano di andarci a causa delle restrizioni agli spostamenti. Una stima dell’UNFPA prevede che saranno dalle circa 325mila ai 15milioni le gravidanze indesiderate in tutto il mondo. Le preoccupazioni per l’aborto impensieriscono anche altre organizzazioni internazionali. Analogo allarme lo ha lanciato Amnesty International, la cui direttrice per le Americhe, Erika Guevara-Rosas, ha affermato: «I servizi per la salute sessuale e riproduttiva sono attualmente fuori dalla portata di molte tra donne e ragazze dell’area. Non possiamo permettere che questo continui. Il contenimento del CoViD-19 non rappresenta una scusa per abbandonarle: è anzi un motivo per dare loro priorità».
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