Schizofrenie neozelandesi: libertà religiosa no, “libertà” di suicidarsi sì

L’aborto è stato depenalizzato in marzo e in settembre si voterà il referendum sulla «buona morte»

Nuova Zelanda

Image from Google Images

Last updated on Giugno 4th, 2020 at 03:33 am

Dopo la storica depenalizzazione dell’aborto, avvenuta in marzo, la Nuova Zelanda si prepara alla legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito con un referendum che andrà al voto in settembre. In novembre, infatti, il parlamento ha approvato un disegno di legge sul cosiddetto «fine vita» con 69 voti positivi contro 51, dopo un dibattito durato ben due anni. Prima di esser trasformato in legge è però necessario che il disegno passi anche al vaglio dei cittadini. Ora, la nuova legge «consentirebbe a un malato terminale con una diagnosi di meno di sei mesi di vita di sottoporsi a suicidio assistito», ma è una legge dalle maglie molto larghe che non prevede né la presenza di testimoni né un periodo di riflessione prima che «i medici vengano trasformati in serial killer finanziati dallo Stato».

In questo contesto, Hospice New Zealand, una struttura che si occupa di cure palliative per malati terminali, ha chiesto un’audizione giudiziaria urgente per capire se, nel contesto della legge in questione, sarà possibile esercitare l’obiezione di coscienza e se l’esercizio di questa opzione risulterà penalizzante, per esempio mediante negazione di finanziamenti nel caso in cui un soggetto interessato rifiuti di fornire ai propri pazienti l’accesso alla pratica eutanasica.

Grande preoccupazione viene del resto espressa anche dall’organizzazione Right to Life New Zealand,  secondo la quale «l’eutanasia riguarda medici che uccidono i propri pazienti o che li assistono nel suicidarsi». L’eutanasia è dunque «[…] intrinsecamente malvagia», sostiene l’organizzazione: «nessun referendum può legittimare ciò che è male. Il divieto di togliere la vita a un altro essere umano è il fondamento della legge e della medicina. È sempre sbagliato uccidere un altro essere umano innocente. L’approvazione sociale, anche mediante referendum, non può mai rendere accettabile l’omicidio. Questo referendum è un tentativo per sedurre e per coinvolgere l’intera società nell’omicidio dei più vulnerabili».

Eutanasia sì, ma Messe no

Di nuovo, come già per la depenalizzazione dell’aborto, decisiva è stata la posizione del primo ministro Jacinta Arden: «Senza il suo appoggio», afferma ancora Rigth to Life New Zealand, «il disegno di legge sarebbe stato sconfitto in modo schiacciante alla prima lettura». Si tratta del resto della stessa Arden che, all’inizio di maggio, festeggiava il raggiungimento della soglia “zero contagi” da coronavirus e che quindi veniva ampiamente lodata per l’approccio alla pandemia: una grandissima capacità comunicativa (per esempio tramite Facebook Live) per un approccio informale che è stato coniugato a «politiche che hanno prodotto risultati reali e all’avanguardia a livello mondiale». Già a fine aprile ristoranti, alcune scuole, negozi di vendita al dettaglio avevano goduto di una, seppur limitata, riapertura, ovviamente nella garanzia delle misure di distanziamento sociale previste. Eppure ora, a quasi un mese di distanza, ci sono “attività” che non possono riprendere: le celebrazioni religiose.

Cinema, bar e ristoranti possono aprire a quante più persone possibili, entro i limiti delle regole sul distanziamento. Ma le chiese, invece, così come le moschee e le sinagoghe, sono aperte, ma non possono accogliere più di dieci persone per volta, pur rispettando esse tutte le procedure di sanificazione e di tracciamento dei presenti. Non si comprende però la ragione per cui, con il virus quasi eliminato, la partecipazione comunitaria al culto debba essere ancora sacrificata: è pur vero che le celebrazioni liturgiche continuano a essere raggiungibili online, ma non può certo passare l’idea che sia uguale assistere alle cerimonie religiose tramite uno schermo o parteciparvi di persona.

Pare insomma che il governo neozelandese si fidi più dei ristoratori che dei pastori, considerando la pratica religiosa come un evento folcloristico durante il quale le persone sono spinte a baciarsi e ad abbracciarsi «prima dopo e forse pure durante il servizio». Tra l’altro, non fosse per il rispetto dovuto alla libertà religiosa dei propri cittadini, libertà sotto attacco anche in Europa, il governo dovrebbe considerare – come sottolinea Mercatornet.com – che «molti dati mostrano gli effetti positivi della fede religiosa», indicando come il culto religioso non abbia un valore solo personale, individualistico, bensì sociale. Insomma, la fede fa bene, anche alla salute, riducendo drasticamente anche i cosiddetti «decessi per disperazione». Gli stessi decessi, di fatto, che si vorrebbe facilitare con la depenalizzazione dell’eutanasia.

Exit mobile version