San Marino rischia la legge sull’aborto peggiore del mondo

Disattese le promesse fatte ai cittadini nel referendum dell’anno scorso, i sostenitori esasperano il testo normativo e forzano la mano alla politica

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Meno di un anno fa, il 26 settembre 2021, la Repubblica di San Marino si trovava alle prese con un referendum che interrogava i cittadini con una domanda preludio di guai grossi.

Un referendum per legalizzare l’aborto

Nel piccolissimo Paese arroccato sul Monte Titano, incastonato fra l’Emilia-Romagna e le Marche, l’aborto era ed è tuttora vietato, salvo in caso di grave pericolo di vita della madre.  «Volete», chiedeva dunque il quesito referendario, «che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia il pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?».

Il referendum era partito dall’Unione Donne Sammarinesi (UDS) ed era stato promosso con una campagna agguerrita, allo scopo preciso di forzare la mano alla politica e ottenere per via referendaria ciò che fino a quel momento non si era ottenuto per via parlamentare.

La normativa precedente

Nel 2014 infatti l’UDS aveva presentato un disegno di legge permissivo, decaduto per la fine della legislatura. Tra il 2015 e il 2016 erano state presentate cinque istanze d’Arengo al Consiglio Grande e Generale, con l’obiettivo di introdurre l’aborto volontario. «Passarono tre delle cinque istanze, ma passò anche un ordine del giorno che chiedeva che la vita umana e la maternità fossero tutelate dal concepimento. Il dibattito è sembrato poi assopirsi per riaccendersi più di recente, quando, nel 2019 e nel 2021, sono stati presentati due progetti di legge molto permissivi, quelli attualmente pendenti in parlamento», come ricordava su «iFamNews» Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la Vita italiano.

Le preoccupazioni del mondo pro-life

Già allora quanto implicito nel quesito referendario preoccupava i pro-lifer, sanmarinesi e non solo. «Siamo preoccupati perché il quesito è piuttosto generico», affermava per esempio Antonella Mularoni, avvocato e notaio sanmarinese, già giudice della Corte europea dei diritti umani, Segretario di Stato per gli Affari esteri e Capitano Reggente, cioè Capo di Stato, di San Marino. La Mularoni, infatti, esponente del Comitato «Uno di noi» per il «no» al referendum, rilevava l’assenza di un limite temporale per molte casistiche, dunque nella Repubblica si potrebbe arrivare ad abortire fino al nono mese di gravidanza. «È inaccettabile, anche se vi fossero anomalie o malformazioni del feto. E il riferimento alla salute “psicologica” della donna rende il margine di arbitrio per consentire l’aborto tardivo molto ampio e pericoloso».

Inoltre, spiegava, «il progetto restringe fortissimamente l’obiezione di coscienza. Prevede addirittura che dall’entrata in vigore della legge l’ospedale di San Marino possa assumere solo personale abortista».

Anche Brian Brown, presidente dell’International Organization for the Family, l’editore di «iFamNews», si era esposto contro l’aborto e contro la proposta referendaria, inviando ai cittadini e alle autorità di San Marino un videomessaggio toccante, a favore della vita, dal concepimento alla fine naturale.

A che punto è San Marino oggi?

Purtroppo, un anno fa, al referendum sanmarinese ha vinto il «sì», con il 77% dei voti favorevoli sul 60% della popolazione avente diritto che si è recata alle urne. La causa pro-life, insomma, ha perso e oggi, un anno dopo, il Consiglio Grande e Generale, il parlamento della Repubblica, si trova nell’ultima fase dell’iter legislativo, a dover approvare dopo la seconda lettura il testo che, anche in seguito al passaggio nella Commissione preposta, rischia di diventare la peggiore legge sull’aborto possibile e immaginabile.  

La beffa della consultazione popolare

«Il referendum è stato uno specchietto per le allodole, se non un imbroglio vero e proprio», dichiara ad «iFamNews» don Gabriele Mangiarotti, responsabile dell’Ufficio cultura e scuola della diocesi di San Marino e Montefeltro. «La volontà popolare è stata raggirata e tradita. Perché se è vero che al referendum ha vinto il “sì”, è vero anche che dopo la prima lettura nel Consiglio della proposta di legge che ne è uscita la Commissione IV ha respinto tutti gli emendamenti suggeriti dagli esponenti pro-vita, mentre ha mantenuto tutti gli altri, creando una situazione di caos e opacità».

Una legge addirittura peggiore del previsto

«Anzi, addirittura, si è fatto di peggio», continua il sacerdote, «si è peggiorato in maniera gravissima l’impianto già sbagliato della proposta che pure i cittadini avevano affermato di accettare. Le parole usate per convincerli non sono poi diventate criterio nella stesura degli emendamenti. L’aborto era presentato dall’UDS e dai suoi sostenitori come extrema ratio, ultima dopo ogni e ciascun aiuto da offrire alla madre, alla coppia, alla famiglia. Ultima dopo la proposta di sostegno economico, psicologico, sanitario. Ora invece l’aborto a San Marino rischia di diventare un “diritto” della donna, fatto e finito, senza se e senza ma, certamente nelle prime dodici settimane, ma in parte anche oltre».

Non parla a vanvera, don Mangiarotti, e spiega anzi punto per punto gli aspetti critici della legge che rischia di uscire dal Consiglio sanmarinese.

«Tanto per fare un esempio», continua don Mangiarotti, «nell’articolo 2 originario del testo di legge», ora articolo 4, «dopo avere elencato tutte le facilitazioni di accesso all’aborto, si ribadisce che l’aborto, anzi, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), questa è l’unica definizione usata, rappresenti una extrema ratio, come dicevano all’inizio. Subito dopo però, all’articolo 3 originario», ora articolo 5, «è scritto che “la donna maggiorenne può richiedere l’IVG entro la fine della dodicesima settimana di gestazione senza obbligo di fornire alcuna motivazione a tale richiesta”. Come si concilia, questo, con l’extrema ratio? Come diventa, piuttosto, arbitrio?».

Oltre agli aspetti contraddittori, vi sono poi altri punti critici. Tra gli altri, il fatto che debba essere garantito, come da articolo 2, «[…] che all’interno del Consultorio [preposto al servizio, unico e statale], tutto il personale direttamente coinvolto, in ogni fase delle procedure legate all’IVG, non sia obiettore di coscienza ai sensi dell’articolo 14».

Una normativa che si rivela un grimaldello ideologico

Il consultorio dovrà garantire la cosiddetta «contraccezione d’urgenza», ovvero la pillola abortiva, gratuitamente, anche alle ragazze minorenni senza ricetta medica né necessità del consenso di genitori o tutori, e dovrà occuparsi della «consulenza psicologica relativa all’orientamento di genere».

«Nulla di tutto ciò», afferma don Mangiarotti, «era previsto in base al referendum proposto ai cittadini di San Marino».

In base al testo di legge, inoltre, sarà compito dell’Istituto per la Sicurezza Sociale gestire l’«educazione socio-affettiva e sessuale nelle scuole», promuovere l’«educazione sessuale, riproduttiva ed affettiva come parte integrante della crescita e dello sviluppo personale dei giovani», nonché «l’idea di una sessualità da vivere con piena consapevolezza, anche senza scopo procreativo». Pure di questo, nessuna traccia nel referendum del 2021.

«Tutto l’impianto della legge», continua il sacerdote, «riflette uno statalismo ossessivo, esasperato ed esasperante, ed esclude nel modo più assoluto ogni principio di sussidiarietà. La scuola, dal canto suo, diventa il terreno della colonizzazione ideologica».

Si punirà il reato d’opinione?

Vi è un altro punto della legge che preoccupa in modo particolare. L’articolo 16, destinato a sostituire l’articolo 153 del Codice penale, al punto 3bis afferma che «chiunque con violenza o minaccia, artifizi o raggiri o abusando della sua autorità induce la donna ad interrompere la gravidanza o, al contrario, la obbliga a portarla a termine quando ella vorrebbe interromperla, è punito con la prigionia di terzo grado». Significa forse, si chiede incredulo don Mangiarotti, che «se nell’esercizio del mio dovere di sacerdote, spiegassi ad una donna il valore e la sacralità e l’intangibilità della vita, della vita umana fin dal grembo materno, “abuserei” secondo qualcuno dell’autorità spirituale che mi è stata affidata e commetterei un reato? E lo stesso un padre, una madre, un’insegnante? Di fronte all’uccisione di un essere umano, diventa reato esprimere un’opinione contrastante».

Ciò che succede ora

Il testo di legge è in seconda lettura nel Consiglio Grande e Generale in questi giorni. Dovrebbe uscirne, nella versione definitiva, il 5 settembre. L’UDS ha diramato un appello, ancora ieri, invitando i consiglieri a procedere di gran carriera per ottenere il tanto sospirato “diritto” all’IVG. Se così fosse, San Marino si ritroverebbe con una legge sull’aborto fra le peggiori del mondo.

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