Last updated on Gennaio 1st, 2021 at 05:01 am
«Non vale la pena avere la libertà di espressione se questa vale solo per il linguaggio inoffensivo». Hanno sentenziato così i giudici David Bean e Mark Warby, presiedendo, in Corte d’Appello, il caso di una madre arrestata e condannata in primo grado per aver insultato su Twitter un uomo transessuale, definendolo prima «un uomo» e poi «un maiale». Una sentenza storica, che il Daily Mail non esita a definire una «vittoria nella battaglia per svegliare la gente».
La mamma femminista radicale
La vicenda processuale ha avuto inizio nel 2019, quando Kate Scottow, 40 anni, femminista radicale, è stata arrestata (e i suoi due figli sono stati dati in custodia) perché alcuni mesi prima aveva insultato su Twitter Anthony Halliday, 47 anni, uomo, che si fa chiamare «Stephanie Hayden» da quando, sentendosi donna, nel 2007 ha cominciato la transizione all’altro sesso sottoponendosi a cure ormonali e ad alcuni interventi chirurgici. Fino a ottenere il riconoscimento di «donna» nel 2018. Kate, donna, ha infatti apostrofato “Stephanie” chiamandolo «uomo» (già…), «razzista con la parrucca» e anche «maiale con la parrucca».
Per quelle parole la Scottow è quindi stata arrestata un anno fa da tre agenti della polizia che sono entrati nella sua abitazione vicino a Hitchin, nell’Hertfordshire, davanti allo sguardo sgomento della figlia di 10 anni e del figlio di 20 mesi. Sulla questione intervenne anche il premier inglese Boris Johnson, che in seguito definì l’arresto «un abuso di potere».
La Scottow è stata scarcerata (con la condizionale) in febbraio e ha dovuto versare un rimborso di mille sterline. Il giudice distrettuale Margaret Dodds, al momento del rilascio, aveva detto alla donna: «I tuoi commenti non hanno contribuito a creare un dibattito sano. Insegniamo ai bambini a essere gentili gli uni con gli altri e a non insultarsi a vicenda nel parco giochi».
«Si può insultare»
Pochi giorni fa però i giudici hanno ribaltato la sentenza, affermando che: «Non vale la pena avere la libertà di parlare solo in modo inoffensivo. La libertà di parola comprende il diritto di offendere e anzi di abusare di un altro», sentenza che “la Hayden” ha definito «un calcio nei denti per l’intera comunità LGBT+».
Ora, la sentenza d’Appello rompe l’equilibrio politicamente corretto che da tempo impera ovunque, dai social alla stampa, dai rating ESG ai nostri vicini di casa, in modo particolare nei luoghi virtuali della rete, dove gli utenti sono liberi di scrivere tutto ciò che il pensiero unico impone. Ribadita la totale repulsione verso gli insulti, va registrato che il tribunale social segue questa direttiva: se l’utente rispetta i codici del pensiero unico, ha anche facoltà di insultare; se invece l’utente è politicamente scorretto, allora pena doppia o censura, anche preventiva.
Diverse testate giornalistiche hanno del resto collegato il caso della Scottow a quello della scrittrice J.K. Rowling, la “mamma” di Harry Potter, da mesi sotto attacco per i giudizi pronunciati sulle persone transessuali, rea, tra le altre cose, di avere scritto su Twitter: «Se il sesso non è reale, non c’è attrazione per lo stesso sesso. Se il sesso non è reale, la realtà vissuta dalle donne a livello globale viene cancellata. Conosco e amo le persone trans, ma cancellare il concetto di sesso rimuove la capacità di molti di discutere in modo significativo le loro vite. Non è odio dire la verità».
La dittatura dolce
Ma la sentenza Scottow supera addirittura il garbo con cui la Rowling ha semplicemente ricordato un fatto naturale, arrivando a dire che la libertà di parola comprende anche l’insulto. Forse le parole dei giudici inglesi sono il tanto atteso strappo nel cielo di carta del politicamente corretto?
Intanto la BBC ha preso posizione pubblicamente in difesa della candidatura di J. K. Rowling al Russell Prize 2020, il premio intitolato al filosofo e matematico Bertrand Russell (1872-1970) con cui l’emittente britannica di Stato celebra il giornalismo e la scrittura che onorino le virtù intellettuali e morali (vinto poi dalla giornalista Decca Aitkenhead).
La Rowling è stata candidata per il lungo saggio scritto in giugno dopo le accuse di «omo/transfobia» e la notizia della sua candidatura ha fatto piovere sulla BBC centinaia di insulti. Ma anche l’emittente ha ricordato che in quel Paese la libertà di parola esiste ancora.
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