Riconoscimento facciale a scuola

Benvenuti nella nuova scuola. Ragioni sanitarie e logistiche, ma l’esperimento scozzese inquieta molto

Riconoscimento facciale

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Last updated on Novembre 2nd, 2021 at 04:54 am

In tempi di mascherine e di altri dispositivi di protezione personale il riconoscimento del volto delle persone rimane utile per scopi molto pragmatici. Avviene così che nove scuole scozzesi del North Ayrshire abbiano avviato un programma digitale indirizzato agli alunni: verificando l’identità facciale dei ragazzi, si controlla elettronicamente se gli studenti sono in regola con il pagamento della mensa, prima di permettere loro di entrare.

La motivazione (o il pretesto?) è ragionevole: precauzioni contro il CoViD-19. Il pagamento tramite riconoscimento facciale è infatti considerato più igienico rispetto alle carte di credito o alla scansione delle impronte digitali. Altro vantaggio: le file alla mensa scorrono molto più velocemente. Come dichiarato da David Swanston, amministratore delegato di CRB Cunninghams, azienda produttrice del software, «il riconoscimento facciale ha ridotto in media i tempi di pagamento per alunno a cinque secondi». Alle nove “scuole-pilota”, se ne aggiungono altre 65 in tutto il Regno Unito in lista d’attesa per l’applicazione della nuova tecnologia.

Secondo quanto riferito dal Consiglio amministrativo del North Ayrshire, il 97% degli allievi o dei genitori acconsente al progetto. Il riconoscimento facciale, infatti, solleva dal peso di dover ricordare i PIN (che spesso bambini e ragazzi dimenticano) e metterebbe al sicuro dalle frodi digitali. I dati biometrici degli studenti vengono custoditi nei database della scuola e poi distrutti nel momento in cui i ragazzi abbandonano l’istituto.

Tutti felici e contenti? Nemmeno per idea. Per i britannici, nonostante i tempi che corrono, la privacy è sempre un principio fondamentale, e gli scozzesi non fanno eccezione. Tra i soggetti che manifestano dissenso c’è per esempio l’Information Commissioner’s Office (ICO), che, confrontandosi con il Consiglio amministrativo del North Ayrshire, auspica un metodo «meno invadente». Si pone, infatti, il problema non secondario della protezione dei dati dei minori. A tal riguardo, rileva l’ICO, «le organizzazioni debbono prendere attentamente in considerazione le necessità e le proporzionalità della raccolta di dati biometrici prima di agire».

Ancor più intransigente è Big Brother Watch, la cui direttrice, Silkie Carlo, chiede la sospensione immediata del riconoscimento facciale nelle scuole britanniche. «Per accedere a una mensa scolastica nessun bambino deve essere sottoposto a controlli d’identità come se stesse varcando una frontiera», ha dichiarato la Carlo a The Guardian. «Viviamo in una democrazia, non in uno Stato securitario». I dati sensibili dei minori, prosegue l’attivista, sono un bene da «proteggere», non da «dissipare per un capriccio». Perché, denuncia la Carlo, la società incaricata di raccogliere questi dati biometrici si rifiuta di rivelare chi altri potrebbe avere accesso a tali informazioni personali dei bambini.

Sempre la Carlo, intervistata dal Financial Times, definisce la tecnologia del riconoscimento facciale non certo indispensabile per le scuole. «Si stanno rendendo normali i controlli d’identità biometrici per questioni che però sono banali», dice. Perché «non è necessario ricorrere alle tecnologie aeroportuali per dei bambini che pranzano».

Da parte propria il governo scozzese ha richiamato le autorità locali al rigore nella protezione dei dati e al monitoraggio delle scuole affinché rispettino scrupolosamente le linee guida.

Ma il riconoscimento facciale digitale non è affatto una novità. Molte scuole statunitensi lo utilizzano da anni essenzialmente come misura di sicurezza. Al contempo numerosi fra Stati e città nordamericane hanno però fatto marcia indietro, giacché questa tecnologia – fenomenale cortocircuito della modernità – si presterebbe a un uso discriminatorio dal punto di vista razziale e sessuale.

Controversie simili sono in atto inoltre a Mosca, dove il riconoscimento facciale viene utilizzato per i passeggeri della metropolitana: un uso che – sostengono gli oppositori del presidente Vladimir Putin – potrebbe servire pure a identificare e colpire gli avversari politici.

Quanto all’Unione Europea, a inizio ottobre l’Europarlamento ha sollecitato il divieto di questa tecnologia negli spazi pubblici e l’attuazione di garanzie più rigorose nello sfruttamento dell’intelligenza artificiale da parte delle forze dell’ordine onde prevenire le discriminazioni.

Ma il dilemma etico più importante è ben altro. È il trattamento dei dati dei minori, la cui sicurezza e riservatezza andrebbero garantite nella maniera più rigorosa. E dopo i minori, quelli dei maggiorenni, insomma di tutti.

Quanto, ancora, ai più giovani e ai giovanissimi, non è affatto da sottovalutare un nodo di natura propriamente educativa. Con il riconoscimento facciale, infatti, la scuola esercita una forma di controllo surrettizio, se non positivamente subdolo, nei confronti degli allievi che vengono piegati a ulteriori regole inessenziali. L’ipertrofia normativa da parte degli istituti scolastici può facilmente degenerare – come del resto è avvenuto durante l’emergenza sanitaria – e non favorisce certo la serenità dell’ambiente scolastico, a grave detrimento dell’alleanza scuola-famiglia e della libertà educativa.

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