Record italiano: famiglie strozzate dal fisco

Nel 2019 il cuneo fiscale ha raggiunto il 39,2%, il più alto tra i Paesi europei OCSE

Tasse

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Last updated on Luglio 30th, 2020 at 04:04 am

In Italia si discute da anni dell’idea di realizzare una riforma fiscale integrata per venire incontro concretamente ai bisogni delle famiglie con bambini. Un progetto da molti considerato ormai inderogabile, vista anche la crisi demografica in cui versa il Paese, ma che nel corso del tempo non ha mai visto la luce.

Ma è davvero così prioritaria questa riforma? La risposta più breve è «sì», basta chiedere a chiunque abbia figli. La risposta più articolata è sempre «sì», e si basa sui dati più recenti dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

In Europa la maggior parte dei Paesi ha ideato una serie di misure per alleggerire le tasse a carico delle famiglie con bambini, soprattutto attraverso il varo di sgravi fiscali che incidono sulle imposte sul reddito. Tuttavia l’entità dello sgravio cambia da Paese a Paese.

Uno dei modi per misurare quanto i diversi governi sostengano i nuclei familiari è osservare il cuneo fiscale, cioè il rapporto fra le tasse pagate da un lavoratore medio e il costo totale del lavoro per il datore di lavoro. Ebbene, complessivamente, tra i Paesi europei dell’OCSE, l’Italia ha il terzo cuneo fiscale più gravoso con un valore del 48% nel 2019, dopo la Germania con il 49,4% e il Belgio con il 52,2%. Questi tuttavia sono i livelli medi di tassazione sullo stipendio riferiti a un single senza figli.

Il cuneo fiscale delle famiglie

Se si osservano invece i valori relativi a una famiglia con due figli in cui un solo genitore lavora, l’Italia è sull’ultimo gradino del podio con un cuneo fiscale che nel 2019 sfiora il 40%, per l’esattezza 39,2%. Un valore che nel 2007 era sceso al 35,7%. La media tra i Paesi europei dell’OCSE è di 10 punti percentuali inferiore, cioè 29,6%: le famiglie italiane subiscono dunque un cuneo fiscale “alleggerito” di soli -8,8 punti percentuali rispetto a un single.

Il Lussemburgo presenta il divario più ampio tra le due fattispecie del cuneo fiscale, -21,1% con il 38,4% per i single e il 17,3 per le famiglie, laddove la Turchia è il Paese dove la differenza è minore: appena -1,7%, con il 39,1% per i single e il 37,5% per le famiglie.

Certo, questo dato è solo indicatore e questi numeri andrebbero contestualizzati rispetto al sistema di welfare di ogni singolo Paese e ad altri elementi, come per esempio il salario medio. Ma, se si confronta il cuneo fiscale di Paesi con situazioni non molto dissimili dall’Italia sul piano demografico, emerge ancora una volta la disparità di condizioni subite dalle famiglie italiane in tema fiscale rispetto alle famiglie francesi, tedesche e britanniche.

Il cuneo fiscale di un single senza figli in Germania, per esempio, è molto alto, pari al 49,4%. Eppure, come illustrato nel grafico sottostante, per le famiglie tedesche questo valore scende al 34,3%, con una differenza di -15 punti percentuali contro i citati -8,8 italiani. Lo stesso vale per la Francia: 46,7% per i single e 36,8% per le famiglie. Tra gli stati europei più popolosi, il Regno Unito applica uno dei livelli di tassazione tra i più bassi: 30,9% per i single e 26,3% per le famiglie.

Fonte dati: OECD, “Taxing Wages,” April 2020, https://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=AWCOMP#.

Il «Family Act»

Recentemente in Italia qualcosa si è però mosso. L’11 giugno il governo, su iniziativa del ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia in quota a Italia Viva, Elena Bonetti, ha approvato un disegno di legge delega chiamato «Family Act» che appunto contiene misure a sostegno della famiglia. Il ministro lo definisce «un sistema organico e coerente di misure che possano attivare un processo positivo di crescita per contrastare la recessione demografica».

Si parla di assegno universale per ogni figlio fino all’età adulta e di altri strumenti, quali sgravi fiscali per gli asili nido e un ripensamento del congedo parentale.

Ora, mentre il rischio che resta è quello di sfociare in una concezione statalista, la vera sfida risiede nel ripensare il rapporto tra una popolazione sempre più insofferente e uno Stato sempre meno in grado di rispondere alle esigenze strutturali delle famiglie. Quanto al «Family Act», se «fu vera gloria?» lo capiremo ‒ e denunceremo ‒ subito.

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