Come si evince dal Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari della Camera dei deputati per la XVIII Legislatura della Repubblica italiana, in data 4 agosto la Ragioneria generale dello Stato ha seccato due punte di diamante dell’offensiva LGBT+ chiamata «DDl Zan». La seconda buona notizia è che, a quanto risulta dalla riunione dei Capigruppo alla Camera svoltasi il 3 settembre, il «DDl Zan» non figura nella calendarizzazione dei lavori di settembre.
Le due stroncature dai ragionieri della repubblica colpiscono la paventata istituzione di una «Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia, e la transfobia», con tanto di cerimonie, incontri e quant’altro da parte delle amministrazioni pubbliche, proposta nell’Articolo 5 del «DDl Zan», nonché l’aumento di 4 milioni di euro l’anno a partire dal 2020 per l’istituzione di centri nazionali che combattano le presunte discriminazioni «omo/transfobiche», proposta nell’Articolo 7.
Perché? Perché questi lussi di una piccola minoranza ideologizzata e vociante costano soldi dei contribuenti e di soldi per questi lussi snob ora non ce ne sono.
Il «DDl Zan» dice che il secondo punto (l’istituzione di centri antidiscriminazione) non costerebbe (si parla di «neutralità finanziaria»), ma la Ragioneria vuole vederci chiaro e per ciò pretende una relazione tecnica che «[…] deve riportare la valutazione degli effetti derivanti dalle disposizioni medesime, nonché i dati e gli elementi idonei a suffragare l’ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica». Le carte, insomma, tali per cui, «in mancanza della suddetta relazione tecnica», «si esprime […] parere contrario».
Inoltre i ragionieri di Stato scrivono che «[…] non può avere ulteriore corso» nemmeno quanto proposto nell’Articolo 6, ovvero che l’Ufficio contro le discriminazioni istituito nel Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri elabori strategie nazionali triennali per la prevenzione e il contrasto appunto dell’ «omo/transfobia» attraverso ‒ qui sta il punto ‒ una consulta permanente tra amministrazioni locali, organizzazioni di categoria e associazioni. Siccome anche qui manca la relazione tecnica che dettagli se e quanto il tutto costi sul serio, per ora non se ne fa nulla.
Cosa significa? Significa che la gatta frettolosa fa i gattini ciechi.
Spiegazione. Tutto l’ambaradan sull’«omo/transfobia» sarà pure bellissimo, persino stupendo, ma non ci sono i soldi e quindi nada. Si chiama realismo della casalinga di Voghera e sconfigge ogni ubbia ideologica.
Cioè, siccome in Italia di fatto conta più il portafogli che non la Costituzione (il primo fa testo, la seconda sarà pure «la più bella del mondo», ma ci s’incarta il pesce), per il vero potere forte italiano, cioè il pallottoliere della Ragioneria di Stato, il «DDl Zan» può restarsene tranquillamente dov’è, vale a dire nel limbo.
Ora, la stroncatura dei ragionieri di Stato ha lavorato con tutta evidenza sul testo originario del «DDl Zan», il quale non tiene conto dell’anticipazione degli articoli riguardanti l’aumento di spesa nel cosiddetto «Decreto rilancio» di luglio, ma è qui che entra prepotentemente in gioco la famosa gatta frettolosa. Come cioè che sia, Ragioneria locuta, causa finita est: il provvedimento non può andare in Aula, deve tornare alla Commissione Bilancio e ricomincerà daccapo l’iter, recependo le modifiche, che sono vincolanti, in Commissione Giustizia. I partigiani del «DDl Zan» incassano insomma forse qualcosa, ma per certo adesso non la legge. Il fatto che a settembre non ne sia in calendario la discussione della proposta parla chiaro. Si andrà a dopo. Intanto si saranno celebrate le elezioni regionali e bisognerà vedere quale effetto avranno sul governo. A ottobre ci sarà poi la discussione della Legge di Bilancio 2021. Insomma, se nel frattempo il governo italiano avrà retto, sembrerebbe proprio che del «DDl Zan» ‒ così ci pare ‒ non si parlerà più sino a gennaio 2021. Ma a quel punto sarà un’altra era e si vedrà, con tutto quanto potrà accadere nel frattempo. Vietato esultare smodatamente anzitempo, ma non è affatto una brutta notizia.