Last updated on aprile 30th, 2021 at 03:13 am
Alle elementari la mia maestra Giulia ci insegnava le addizioni spiegandoci che le mele non si sommano con le pere, e l’esempio funzionava alla perfezione perché a tutti i bimbetti di sei anni era ovviamente evidente che le pere non sono affatto le mele. Oggi invece, che ha vinto il dubbio su tutto di cartesiana memoria, già dire «mele» e già dire «pere» è una pretesa di pensiero forte che in società suona omofoba.
In giro ci sono preti, suore, chierici e leader religiosi per i quali il matrimonio fra un uomo e una donna è uguale a un’unione fra due persone dello stesso sesso. Tutto quanto punti allo scopo viene allora arruolato e strumentalizzato. Per esempio le benedizioni.
Non lo dico io, ma la Congregazione per la dottrina della fede: «In alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso». Il locus dove la Congregazione lo dice è il Responsum ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso reso pubblico l’altro ieri, che, per l’importanza universale della notizia e per la rilevanza che la cosa ha fra i cattolici (e questa è una seconda notizia notevole), “iFamNews” ha pubblicato, ieri, in versione integrale come editoriale (gli editoriali, dice il manuale del bravo giornalista laico, sono gli articoli di apertura di una pubblicazione periodica in cui il direttore, o altri dal direttore incaricato, indica la policy della testata: ieri non ho commissionato alla Congregazione per la dottrina della fede di scrivere il nostro editoriale, ma il lettore l’antifona l’ha già capita).
Le benedizioni, spiega dunque bene la Congregazione, citando la costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium (1963), del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), al n. 60, sono dei sacramentali: cioè «segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie situazioni della vita». Benedire una coppia omosessuale significherebbe quindi santificarne l’essere coppia omosessuale. Ma come fa la Chiesa Cattolica a benedire una situazione che non si può benedire perché quella che viene chiamata «coppia omosessuale» non è affatto una «coppia» nel senso forte e direi istituzionale dell’espressione?
Non lo dico io, ma la Congregazione per la dottrina della fede: «[…] per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre […] che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni. Per tale motivo, non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso» poiché quella unione è «[…] una unione non ordinata al disegno del Creatore».
La Logica della Congregazione per la dottrina della fede è ferrea: «la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita» perché «[…] costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale», ma – e qui il “Responsum” della Congregazione cita l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia (2016), di Papa Francesco al n. 251, sì proprio l’esortazione tirata per la giacchetta di qua e di là – «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Rileggere e scandire a voce alta: non esiste fondamento alcuno per equiparare il matrimonio e la famiglia alle unioni omosessuali. Lo ha detto il Pontefice, lo ripete la Congregazione per la dottrina della fede: preti, suore, chierici e leader religiosi che pensano e che insegnano e che propagandano il contrario incorrono in errore e, se lo fanno materialmente, in illecito, altra notizia importante, questa, che il cronista ha il dovere morale e deontologico di riferire con cura.
E in ultimo, la perla. «Per i suddetti motivi, la Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso nel senso sopra inteso». Udite tutti, vicini e lontani: non è che la Chiesa sia cattiva, pessima, becera, patriarcale, sciovinista e meretrice, e non voglia, per capriccio e dispetto, benedire la coppietta à la page, gli è che proprio non lo può fare. Non ne ha il potere, non sa dove sia il tasto per cancellare la realtà, non ha il libro delle soluzioni improbabili. La Chiesa non ha la bacchetta magica che trasforma la fantascienza in realtà, i desideri in leggi, i vizi in fatti. La Chiesa non possiede la verità, ne è posseduta. La Chiesa non possiede Dio, ne è posseduta. La Chiesa non possiede la realtà per plasmarla a piacimento e ubbia, la Chiesa è fatta ed è serva di quella realtà che «vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole». La Chiesa Cattolica non è il sogno gnostico di rifare il mondo a immagine e somiglianza delle proprie romanticherie.
Dunque la Congregazione per la dottrina per la fede, appoggiandosi al magistero del Pontefice in chiusa di sinodo, «dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le unioni» omosessuali, e il Papa regnante definisce «sbaglio della mente umana» l’ideologia gender e «sicario» chi elimina la vita nascente con l’aborto. Piccolo catechismo da taschino, et voilà.
Il cronista ha sempre il dovere morale e deontologico di riferire la realtà con cura universale e laica.
Image source: Details of the ceiling, dome and Bernini Baldacchino or Baldaquin at St Peter’s Basilica or Basilica di San Pietro, Rome, Italy, photo by Jorge Royan from Wikimedia Commons, self-published work, licensed by CC-BY-SA-3.0
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