Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:32 pm
L’ho detto il 17 giugno al canale d’informazione ungherese Hír TV. La stampa politicizzata che rende un servizio pessimo all’informazione ha fatto prima a sfoderare, fuori luogo, l’epiteto «omofobo» che a leggere il testo approvato il 15 giugno dal parlamento di Budapest. E così si sentono e leggono corbellerie immani come quella che recita, a canovaccio, a casaccio, comunque ad -accio, che la legge equiparerebbe la pedofilia «di fatto» all’omosessualità. Bugie, e il diavolo si annida nei «di fatto» disseminati a orologeria qua e là.
Una legge, infatti, è una legge. O dice o non dice. Prescrive o non prescrive. Persino comanda o non comanda. Quindi o una cosa la fa oppure una cosa non la fa. Non è che una legge scriva e prescriva un testo e «di fatto» il primo commentatore che passa di lì, per caso o per calcolo ideologico, ne evince, fra le righe, a fiuto, ad -accio, quel che gli serve per far tornare sempre i conti e fare i conti in tasca altrui.
Di per sé è infatti sbagliato persino piegarsi al volere dei maliziosi e chiamarla legge contro la pedofilia. Certo, in sé non c’è nulla di male in una legge che si dicesse contro la pedofilia, ma non viviamo più in un mondo normale e, appunto, la milizia della malizia ronda. Chiamiamo allora tutti quella legge per quello che essa fa. Siccome difende i minorenni è una legge per i minorenni: una legge che cerca il loro benessere fisico e psichico, una legge che persegue il loro bene sommo cercando di garantire loro quello possibile quanto più è possibile.
È allora una legge cattiva quella che tutela, difende e garantisce i minori? C’è qualcuno che pensi che i minori non vadano tutelati, difesi e garantiti, anzi che vadano abusati? Sì, purtroppo c’è, ma c’è qualcuno che si voglia mischiare con costoro?
Cosa c’è di male in una legge che istituisce un registro nazionale con i nomi di chi si sia macchiato di reati sessuali e di abusi sui minori, facendo esplicito riferimento a quanto identicamente già viene fatto negli Stati Uniti d’America? Chiunque, cioè, sia stato condannato per avere molestato o aggredito sessualmente un minorenne figurerà in quel registro e non potrà mai adire a posizioni professionali che lo pongano a contatto con minori, con i bambini, con i piccoli. Per esempio non farà l’insegnante e mille altri mestieri che pongano i minorenni a rischio.
Cosa c’è di male in questo, in una legge che prescrive questa razione minima e salutare di buon senso comune?
Cosa c’è di male in una legge che si appoggia esplicitamente a leggi ungheresi vigenti e pure alla Costituzione, e questo a protezione dei diritti delle famiglie e dei diritti dei bambini per quanto riguarda la formazione morale dei più piccoli, l’educazione dei più piccoli e la trasmissione di princìpi e valori ai più piccoli? Cosa c’è di male in una legge che cioè fa quanto prescrivono i trattati internazionali e universalmente sottoscritti a difesa dei bambini e delle prerogative peculiari e uniche della famiglia?
Cosa c’è di male in una legge che riafferma essere il matrimonio l’unione naturale fra un uomo e una donna ed essere interesse specifico, politico, dello Stato ungherese la promozione di quell’unione sponsale naturale? Siamo abituati a Stati padroni, a Stati rapina, a Stati dispotici. Se per una volta lo Stato smette i panni predatori e si mette a servire il bene concreto è cosa buona, ottima.
Cosa c’è di male, dunque, in una legge che, per difendere i minorenni, stabilisce che sia interesse pubblico (cioè di tutti) fermare, prima che sia tardi, i materiali dai contenuti sessuali espliciti che possano danneggiare i bambini e che contraddicano i valori della famiglia, quelli appunto che i trattati internazionali difendono?
Sì, in Ungheria si pensa una cosa scandalosa. Si pensa, udite udite, che l’unico scopo del parlare di sessualità ai bambini sia parlare loro di sessualità e basta: cioè della funzione riproduttiva insita del dimorfismo biologico delle specie animali. E che quindi parlare di sessualità ai minori significhi astenersi da ogni contenuto e da ogni descrizione da ogni altra cosa possa svegliare o solleticare istinti di altro tipo in modo del resto parziale, confuso, meccanico, freddo, magari persino viscido, imponendo risposte a domande che non si pongono, disorientando, forzando.
Perché non è compito della scuola fare questo, non è compito dell’insegnamento fare questo, non è compito della società fare questo, non è compito dei media fare questo, non è compito della televisione fare questo, non è compito del cinema fare questo, non è compito della musica fare questo, non è compito della pubblicità fare questo, non è compito della politica fare questo, non è compito di nessuno fare questo se non della famiglia, quella benedetta famiglia di cui tutti parlano e straparlano, ma che invece si cerca di esautorare sempre e comunque.
Siamo diventati grandi tutti così, ci siamo innamorati tutti così, ci siamo sposati tutti cosi, abbiamo fatto figli tutti così, chi non si è innamorato, sposato e non ha fatto figli così ha lo stesso imparato così come è la vita: bella, misteriosa. Si chiama buon senso, quello che la legge ungherese difende a vantaggio dei minorenni. Cosa c’è di male in una legge che difende il buon senso?