La pillola abortiva fa male: ecco l’ennesima conferma scientifica. La vera notizia, comunque, è che i dati pubblicati da un periodico medico indipendente sbugiardano le rassicurazioni dell’Amministrazione Biden. Nelle scorse settimane, la Food and Drug Administration (FDA) aveva infatti liberalizzato la somministrazione del mifepristone, consentendone persino la spedizione a domicilio. Secondo l’agenzia del farmaco statunitense, la pillola comporterebbe rischi così bassi da non richiedere il controllo medico preventivo.
Discrepanze notevoli
Di tutt’altro avviso i il periodico medico Health Services Research and Managerial Epidemiology, che ha posto a confronto i dati della FDA con quelli pubblicati nello stesso periodo (2009-2010) dalla Planned Parenthood, il maggior abortificio mondiale. Secondo i ricercatori, le discrepanze sarebbero assai notevoli, con un numero di eventi avversi «significativamente più alto». Sorprendentemente le stime di un ente governativo come la FDA dovrebbero essere più prudenziali rispetto a un soggetto di parte quale appunto è la Planned Parenthood, che oltretutto, in quel periodo, eseguiva il 37% di tutti gli aborti negli Stati Uniti d’America.
Nonostante prenda in esame 200mila aborti, lo studio esclude gli eventi avversi più comuni (tra cui ritenzione del feto ed emorragia non richiedente trasfusione). Inoltre il tasso di complicazioni dello 0,65% è relativo soltanto alle complicazioni note alla Planned Parenthood e non riporta la percentuale delle pazienti perdute nel follow-up.
Lo studio pubblicato da Health Services Research and Managerial Epidemiology è compatibile con i risultati di altri ricercatori. Lo scorso anno, ad esempio, uno studio del Charlotte Lozier Institute ha rilevato che le visite al pronto soccorso da parte di donne che avevano assunto il farmaco abortivo sono aumentate di oltre il 500% tra il 2002 e il 2015. Inoltre, su 423mila aborti indotti, 121.283 si risolvono con una visita al pronto soccorso nell’arco di trenta giorni.
I numeri veri… e quelli della FDA
Nel frattempo, nel Regno Unito, nuovi dati sanitari mostrano un enorme tasso di ospedalizzazione a causa dei farmaci abortivi, dopo che il governo, nel 2020, ha iniziato a consentire la ricezione per corrispondenza dei farmaci. Su un campione di oltre 10mila donne, circa una su 17 ha avuto necessità di cure ospedaliere.
Uno studio del 2009, pubblicato su Obstetrics and Gynecology, ha rilevato un tasso di complicazioni intorno al 20% per ciò che riguarda gli aborti farmacologici, rispetto al 5,6% degli aborti chirurgici. Le emorragie e gli aborti incompleti figuravano tra le complicazioni più comuni. Un altro studio, pubblicato su Issues in Law & Medicine nel 2021, ha riscontrato «carenze evidenti» nei rapporti che documentano le complicazioni del farmaco abortivo negli Stati Uniti.
I nuovi dati sul mifepristone sono stati contestati dall’American College of Obstetricians and Gynecologists, che, tramite la sua portavoce, ha lamentato «potenziali difetti metodologici e conclusioni probabilmente tratte in modo inappropriato che contraddicono i decenni di scienza e pratica che dimostrano la sicurezza dell’aborto farmacologico negli Stati Uniti».
La FDA ha collegato il farmaco abortivo ad almeno 24 donne morte e a 4mila gravi complicazioni, verificatesi tra il 2000 e il 2018. Tuttavia, a partire dal primo mandato presidenziale di Barack Obama, l’agenzia del farmaco statunitense ha smesso di richiedere la segnalazione di complicazioni non fatali dovute al mifepristone. Pertanto, i numeri sono quasi sicuramente molto più alti.