To’ guarda, l’«omo/transfobia» non c’entra. Marlon Landolfo e Mattias Zouta, aggrediti qualche settimana fa a Padova, e la cui storia ha fatto subito il giro d’Italia magari pure sconfinando l’italico suol, non sono stati picchiati perché omosessuali. Non lo dice un pericoloso omo/transfobo vestito di lugubre che si aggira a piede libero per le nostre città con manganello e olio di ricino, ma il sostituto procuratore Sergio Dini al termine delle indagini preliminari condotte in collaborazione con i carabinieri, avendo analizzato le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza e sentiti alcuni testimoni.
I cinque indagati per l’aggressione e la coppia omosessuale si erano più volte provocati a vicenda, la sera fatidica, complici quantità industriali di alcol, e il tutto sarebbe poi trasceso per una felpa indossata da una delle ragazze del gruppo degli indagati, contesa come in un gioco della bandiera (di quelli che facevamo da ragazzi) finito a schiaffi, pugni e calci. Degli insulti omofobi riferiti dalle vittime nemmeno l’ombra, di tutta la geremiade vista in tivù a reti unificate a pranzo e a cena niente. Ne ha dato notizia Il Gazzettino, il quotidiano principale di Venezia giovedì 8 ottobre, ma non è che giornaloni e canaloni televisivi abbiano sudato molto per fare eco.
Ora, a Padova l’«omo/transfobia» non c’entra perché in Italia l’«omo/transfobia» non esiste. Serve però molto a promuovere l’agenda ideologica di una minoranza di persone, esigua, ma vociante, e potente, decisa a tutti i costi a far coincidere l’umanità prima con una funzione sessuale e subito dopo con un capriccio sessuale, quindi disposta a millantare per costringere al silenzio chiunque eserciti la libertà di dissentire con l’idea, insana e volgare, offensiva e pericolosa, che le persone possano (per qualcuno debbano) essere ridotte a una funzione sessuale e a un capriccio sessuale.
Quell’agenda ideologica è riassunta oggi ed emblematizzata dal «testo unico Zan», dal nome del suo oramai noto promotore, l’On. Alessandro Zan, del Partito Democratico, proposta di legge che la Camera ha appena ricalendarizzato per la discussione al 20 ottobre.
Il «t.u. Zan» è quanto di più inutile ci sia perché manca totalmente l’oggetto. Il «t.u. Zan» è quanto di più pericoloso ci sia perché, in mancanza di oggetto, è un processo alle intenzioni, anzi alla libertà di pensiero e di espressione. Il «t.u. Zan» è quanto di più aberrante ci sia perché sta cercando di imporre a un Paese intero l’omologazione e il conformismo, la paura della diversità e della differenza, il silenzio e l’omertà, la complicità con la menzogna e il favoreggiamento della bugia, cominciando dai grandi per finire con i piccini, discriminando sul posto di lavoro gli adulti e coartando sui banchi di scuola i minori, ostracizzando e proscrivendo, bandendo ed espellendo, multando, e prima o poi incarcerando.
Incuriosisce del resto il timing. Dopo che il «t.u. Zan» si era ammosciato per effetto del Registratore di cassa della Ragioneria di Stato andato in allarme rosso, con il rischio che il tutto sparisse dai radar per un bel po’, i fatti di Padova lo hanno ringalluzzito come una manna caduta dal cielo proprio all’ora di colazione. Solo che i fatti di Padova dicono l’esatto contrario: che il dispotismo auspicato dal «t.u. Zan» per via democratica si basa su una frottola, che l’«omo/transfobia» non esiste, che la violenza viene già adeguatamente perseguita dalla legge italiana in tutti i casi in cui sia necessario, che al nostro Paese non servono affatto leggi speciali.
In un mondo normale la pratica sarebbe già stata archiviata e i fanfaroni, spernacchiati, sarebbero rientrati, mesti, nei ranghi. In un mondo abnormale come quello in cui viviamo, invece, la verità delle cose interessa oramai solo a uno sparuto gruppo di irriducibili e così la propaganda sull’«omo/transfobia» prosegue come se nulla fosse alimentata da fake news. “Abbasso l’omo/transfobia”, strillano i partigiani Zan. Ma l’«omo/transfobia» non esiste. “Fa nulla”, proseguono gli strilli, “noi la combattiamo lo stesso”. Esattamente come scriveva il filosofo marxista tedesco Ernst Bloch (1885-1977): «Tanto peggio per i fatti!», «[…] noi la sappiamo più lunga!”. Per meno, molto meno, anzi per molto, molto di più serio Don Chisciotte della Mancia viene ancora oggi ingiustamente sbeffeggiato da chi sta dalla parte del drago e dei mulini a vento del materialismo e della pusillanimità su cui si è costruito un contro-mondo disperato e disperante.
La pervicacia dei partigiani Zan, insomma, spaventa. Chi mente e obbliga, infatti, non porta mai buone intenzioni nella gerla. Per questo occorre alzare la voce e dire con forza #RESTIAMOLIBERI.
«Restiamo liberi» lo dicono da mesi città italiana dopo città, italiano dopo italiano, famiglia dopo famiglia, in un carosello permanente di manifestazioni pubbliche, pacifiche e ferme, convocate per svegliare quei troppi che ancora dormono di fronte allo scippo della libertà di cui siamo tutti vittime. Domani, sabato 17 ottobre, il calendario della libertà fa tappa, importante, importantissima, a Roma, nella capitale del mondo, nella Città Eterna. Alle 14,30 il popolo scenderà in Piazza del Popolo. Se domani hai qualcosa di meglio da fare, pazienza. Pianta tutto e vacci anche tu.
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