Last updated on Luglio 30th, 2020 at 04:06 am
Esistono tipi diversi di persecuzione. Una è tipica dei Paesi democratici: la persecuzione amministrativa, quella che usa i regolamenti, le 626 (o come caspita si chiamano oggi) e gli ausiliari del controllo sociale per mettere i bastoni fra le ruote alla libera intrapresa dei cittadini, in specie quelli non omologati alla voce del padrone. La persecuzione amministrativa non esce mai allo scoperto, e per questo è l’offensiva dei vigliacchi. Non prende mai le cose di petto, bensì agisce sempre di sponda. Non rivela i capi di accusa, ripete solo “la legge dice così”, “eseguo solo degli ordini”, le “norme vanno rispettate”. La persecuzione amministrativa aggredisce il patrimonio mediante multe e ammende.
La persecuzione amministrativa è tipica dei Paesi democratici perché non gronda sangue, si nota (un po’) meno, si nota più tardi e soprattutto il suo agire sembra plausibile. “La legge non ammette ignoranza”, mica si è perseguitati in quanto critici della dittatura del relativismo, difensori dei princìpi non negoziabili, sostenitori della centralità della famiglia: si è puniti perché si è usciti dal binario imposto. La libertà di ognuno inizia insomma dove finisce la libertà di perseguitare: potenzialmente mai.
La persecuzione amministrativa ha una fattispecie particolarmente antipatica e vessatoria: la persecuzione fiscale. Esiste un limite oltre il quale l’imposizione fiscale si fa persecutoria, seguendo un andamento parallelo alle imposte progressive: tanto più essa cresce oltre quel limite, tanto più la persecuzione è asfissiante. Come “iFamNews” ha illustrato con precisione, in Italia questa forma di persecuzione è già in atto: per esempio attraverso il cuneo fiscale che le famiglie subiscono. Perché la chiamo persecuzione? Perché il target sono le famiglie, le quali sono un baluardo di resistenza oggettiva alla dittatura del relativismo. Oggettiva, sì. Lo sono in quanto esistono, comunque la pensino e agiscano, giacché il solo loro esistere è il porsi di una sovranità alternativa e compensativa al potere e al controllo che vorrebbero essere totali.
La Romania ha appena sperimentato un’altra fattispecie di questa persecuzione: l’essere costretti a sottoporre i figli piccoli alla descrizione di un rapporto sessuale tra persone omosessuali nei corsi di “educazione” alla sessualità imposti nelle scuole, che i genitori romeni descrivono come il pegno che l’educazione sessuale paga alle associazioni LGBT+. Una tassa indiretta versata a un soggetto privato ma imposto in regime di esclusività dallo Stato. Un esempio fulgido di cronyism. La Romania ha mandato tutto all’aria. Saggia.
L’Ungheria, invece, la persecuzione fiscale delle famiglie la combatte: «dal terzo figlio in poi non si paga praticamente alcuna imposta sul reddito, ovvero se una donna ha quattro figli non pagherà mai più tasse», spiega l’ambasciatore ungherese presso la Santa Sede Edoardo d’Asburgo-Lorena a “iFamNews”. «Alcuni dei prestiti erogati alle giovani coppie sposate non debbono essere rimborsati dal terzo figlio in poi. Vi sono poi anche prestiti per l’edilizia e sostegni finanziari per l’acquisto di mezzi di trasporto per uso familiare più capienti. E i nonni che assistono l’infanzia vengono aiutati». L’Italia da chi vuole imparare?