È uscito dalla depressione, sposando una donna. Immaginaria. È Akihiko Kondo, che ha “sposato” un ologramma.
Sì, perché, nell’epoca della società liquida che ha, di fatto, polverizzato il concetto di amore, dopo “matrimoni” con lampadari, stazioni ferroviarie, bambole zombie e persino con sé stessi, con poi tanto di divorzio, e pure rapido, non poteva mancare il “matrimonio” con la sposa che non esiste.
Ma chi è la sposa immaginaria di Kondo? È Hatsune Miku, appunto un ologramma che rappresenta una cantante pop apparsa anche in alcuni concerti di Lady Gaga e che Kondo ha “conosciuto” grazie a Gatebox, una sorta di custodia trasparente che proietta immagini 3D le più disparate con cui è però possibile interagire.
La scintilla virtuale di Kondo per Hatsune sarebbe scattata dopo una delusione amorosa importante che aveva visto la fine di una sua relazione pluridecennale e la cui conseguenza era stata un forte stato di depressione, in cui, da tempo, egli versava. Dunque la solitudine e la disperazione lo avrebbero spinto non solo a innamorarsi, ma anche a “sposare” l’ologramma.
Strano? Folle? Ma se non è nemmeno il peggio… Perché, se è possibile commentare l’accaduto e rifletterci sopra, esprimendo quantomeno dubbi e perplessità, è solo perché in Italia, non è ancora passato il nefasto «ddl Zan», sconfitto alla grande ma ripresentato il 27 aprile con la medesima veste ideologica e liberticida che ne aveva causato la bocciatura.
Infatti, se quel disegno di legge passasse, il reato di «incitamento all’odio» previsto dal testo, che però né lo definisce né ne lo circoscrive, qualsiasi discorso percepito da qualcuno per motivi e sensibilità X come «discriminatorio» potrà essere punito addirittura con la reclusione per un periodo compreso fra i 6 mesi e i 4 anni e una multa fino a 6mila euro.
Accadrebbe insomma che, in nome del «love is love», stavolta imposto per legge, anche questa declinazione di un «love» virtuale, cioè inesistente, che oggi ancora si etichetta come follia, potrebbe essere considerato cosa normalissima e rispettabilissima, e guai a discuterne.
Per rimarcare la presunta “concretezza” del proprio amore per Hatsune, e quanto questo abbia dignità pari a un rapporto matrimoniale reale, Kondo avrebbe candidamente affermato che sì, la sua “sposa” non esiste, ma «i miei sentimenti sono veri». Perché è solo l’emozione, di qualunque natura e provenienza sia, giusta, sbagliata, patologica, inventata o altro, andrebbe, se il «ddl Zan» passasse, semplicemente accettata. Se cioè, come dice Bauman, viviamo in una società “liquida”, in cui le relazioni sono fugaci e l’identità è un concetto che si cerca sempre più di distruggere in nome del politicamente corretto, e la cui dissoluzione potrebbe persino essere imposta per legge, in futuro potrebbe accadere che, di fronte a storie come questa, saremmo costretti a fare spallucce e ad affermare, volenti o nolenti, «così è se vi pare».
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