Padre vittima di un giudice ideologico

Odissea in Abruzzo. Padre allontanato dai figli senza alcuna colpa

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Last updated on Luglio 29th, 2021 at 02:21 am

«iFamNews» pubblica qui una storia forte e toccante. «iFamNews» la pubblica perché va letta, con l’attenzione e con la compassione che merita

«iFamNews» aveva accennato al caso di D.S. L’uomo, 54 anni e due figli di 6 e 4 anni, aveva rotto con la madre dei piccoli nel febbraio 2018, poi, nei tre anni successivi, il Tribunale dei Minori de L’Aquila gli aveva impedito a più riprese di vederli, vista l’accesa conflittualità con l’ex compagna. Oggi la coppia è tornata insieme, ma c’è ancora tanto da aggiustare e da ricostruire.

Il signor S. racconta ad «iFamNews» i risvolti della propria delicatissima vicenda personale. A 39 anni, R.G., con cui S. aveva convissuto inizialmente dal 2014 al 2018, è una donna ancora molto immatura e psicologicamente fragile, nonché profondamente plagiata da una madre ossessiva. «Tutta questa storia mi è costata 4mila euro di avvocati, mettendomi in forte difficoltà economica», spiega S., «ma non è questa la cosa peggiore. Vedermi allontanato dai miei figli ha inciso profondamente nella mia anima, ho subito colpi tremendi, non sono più quello di prima. Ho anche perso fiducia nella giustizia».

Effettivamente, dagli elementi a disposizione, appare evidente che D.S. abbia subito torti difficilmente descrivibili e immaginabili. A carico suo non c’è alcuna denuncia per maltrattamenti, né ai danni della compagna, né ai danni dei figli. Ciononostante il signor S. ha avuto la peggio nell’affido dei piccoli. Ha potuto vederli, per mesi, soltanto in presenza dell’assistente sociale.

Chi è il “manovratore” dietro questa vicenda kafkiana? Indubbiamente una buona responsabilità ce l’ha la suocera di S., donna dalla personalità soverchiante e manipolatrice, che ha plasmato in modo determinante la figlia, cresciuta con un carattere particolarmente manesco e aggressivo. «Quando tornavo dal lavoro, mi prendevo subito la mia dose di botte», dice S. «Non reagivo mai. Di tutti i limiti della mia compagna, di sua madre, insomma ho fatto le spese io».

Come si può riscontrare in numerosi altri casi di affidi contesi, la situazione diviene esplosiva quando all’instabilità di uno dei genitori si affianca l’atteggiamento complice dei tribunali, incapaci di sguardo imparziale sulle vicende affidate al loro giudizio, determinati nei loro provvedimenti dalle relazioni dei servizi sociali. «Vivo in una realtà di provincia, a Corropoli, in provincia di Teramo, dove si conoscono tutti: famiglie, istituzioni, forze dell’ordine», spiega ancora D.S. «Io purtroppo conosco poco il paese, perché sono quasi tutto il giorno fuori per lavoro e di questo ho fatto le spese».

Succede, quindi, che, un giorno dell’autunno 2019, mentre è al lavoro, il signor S. riceve una telefonata del proprio avvocato: «D., ti hanno tolto la patria potestà». Accadde a causa di una relazione dei carabinieri a lui completamente sfavorevole e senza che l’interessato venisse convocato dal tribunale per difendersi. Rivoltosi ai servizi sociali, S. cozza contro un muro di gomma. Uno degli assistenti sociali è parente dell’ex compagna e fa quadrato contro di lui. «È come se mi avessero avvertito: non devi rompere le scatole, qui comandiamo noi e basta», dice.

In seguito, ritardato notevolmente dal primo lockdown, è arrivato il decreto del Tribunale dei Minorenni de L’Aquila, presieduto dal giudice Cecilia Angrisano. «Non ho fiducia nei giudici», commenta D.S., «emettono sentenze per partito preso, sono tutti omologati».

In certi magistrati esiste di fatto uno sguardo preconcetto sulle situazioni familiari difficili: il padre è visto sempre, e a prescindere, come il violento della situazione. «Se sei uomo, allora ti sei per forza comportato male», prosegue S., «ma non è che facciano indagini, magari prendono come scusa una parolaccia che ti è scappata, te la ritorcono contro e ti fanno un processo alle intenzioni, sentono solo la campana dei Servizi sociali. Mi ero chiesto perché non avessero tolto la potestà genitoriale alla madre, in considerazione che la motivazione del provvedimento era la conflittualità, ma non generata da me, o perlomeno non solo da me. Non lo hanno fatto perché lei era coperta da queste figure “istituzionali”. Mi chiedo come sia riuscito a sopravvivere a questa storia, ho subito un’onta incancellabile».

Nonostante l’odissea e nonostante i torti subiti, D.S. ancora non dispera di ricucire con l’ex compagna. Un po’ ci è riuscito e finalmente può rivedere anche i bambini, ma, confida, «c’è molto da lavorare». La terapia di coppia li ha aiutati e quella ha fatto pure emergere i molti aspetti problematici del passato della donna e di sua madre. S.D. si augura che la propria esperienza, non positiva con il Tribunale per i Minorenni e con i Servizi sociali, possa essere di aiuto ad altri papà e soprattutto ai bambini che hanno il diritto di poter frequentare entrambi i genitori.

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