Last updated on Novembre 28th, 2021 at 11:35 am
D’accordo, celebriamo pure la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita a suo tempo dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e ogni anno puntualmente, giustamente, ricorrente. Facciamo memoria del male fatto contro le donne e attiviamoci con spirito consapevole. Puntiamo, insomma, alla condanna ferma di qualunque forma di violenza.
Ma – detto con la forza del buon senso – facciamolo tutti smettendo di indossare la maschera ipocrita, consueta a un certo mondo, di chi si straccia le vesti con lo slogan «Non una di meno», che tinge le panchine di rosso, che espone tacchi a spillo sui davanzali, ma che poi non vuole affrontare il problema in tutta la sua globalità. Perché, per essere un grido di giustizia, «Non una di meno» deve essere piuttosto «Non una di meno sia dentro sia fuori il grembo materno».
Non si può cioè tacere, non si può più tacere il più grande ed efferato femminicidio di massa che in Cina si è consumato per troppi, lunghi anni con la politica della soppressione del secondo figlio, che di preferenza ha sterminato anzitutto e soprattutto le femmine.
Dopo avere inseguito la «politica del figlio unico», ma solo maschio, perché, dopo le follie economico-politiche del maoismo, i cittadini cinesi risultavano essere troppi, ora si torna indietro senza che dei milioni fra bimbi morti o nemmeno concepiti, di preferenza le femmine, vi sia più traccia.
Andrebbe insomma indetta la Giornata internazionale della memoria per le vittime innocenti del regime cinese, ree solo di essere state concepite femmine. Ma sui media non vi è una sola parola e per le strade non vi sono manifestazioni che gridino il dolore per questo olocausto femminile cinese. Cinese se non solo cinese.
Perché non si parla poi della violenza dell’«utero in affitto»?
Perché non si organizzano campagne di condanna e di divieto per tutti quei programmi, film, musical, serial, dove la donna è ancora esposta alle telecamere per essere considerata oggetto di consumo e di piacere fine a se stesso?
Il tema della violenza sulle donne deve avere il coraggio di guardare oltre la violenza domestica o casuale. Dovrebbe saper guardare a tutti gli aspetti che, nella globalità delle sfaccettature con cui questo agghiacciante fenomeno si presenta, dovrebbero imporci di considerare l’abuso della dignità femminile nel suo complesso.
E invece il politicamente corretto si volta altrove e cavalca solo gli aspetti della questione che trova utili e funzionali a un certo tipo di propaganda.
Questa non è giustizia. Chi sottoscrive, adesso, subito, la frase «Non una di meno dentro e fuori il grembo materno»? Solo così si può uscire dagli stereotipi che limitano la comprensione profonda di ciò che davvero è la violenza sulle donne.
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