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Non solo Brexit. Il Regno Unito discute di suicidio assistito

Una deputata chiede di ridiscutere la legge, il governo risponde. E si riparla di cure palliative

Federico Cenci di Federico Cenci
08/02/2020
in Vita
170
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Paziente anziano assistito dal personale medico

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Last updated on Febbraio 15th, 2020 at 12:19 am

Mentre l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea monopolizzava il dibattito, il 23 gennaio, nel pressoché totale silenzio mediatico, le forze politiche del Paese si scontravano sul suicidio assistito.

La democratica liberale scozzese Christine Jardine, sostenitrice della “dolce morte”, ha introdotto il tema a Westminster con una sorta di interrogazione parlamentare. «La mia speranza», ha detto, «è che sia l’inizio di un’indagine pubblica e politica approfondita sul modo in cui la nostra società affronta questa problematica». Un intervento in parlamento, dunque, a cui non è seguito alcun voto e che non può avere efficacia di riforma della legge. Il tentativo, tuttavia, è quello di condurre un’opera di persuasione per preparare il terreno a un atto legislativo. A oggi in Gran Bretagna l’aiuto al suicidio è consentito solo se autorizzato da un giudice in “casi estremi” e dal 2010 le sanzioni nei confronti di chi assiste un paziente che desidera morire sono state allentate. Non si è ancora arrivati però alla legalizzazione, nonostante la forte spinta di alcune lobby e le diverse proposte di legge presentante negli anni (l’ultima è stata respinta nel settembre 2015). Ma oggi, afferma la Jardine, «nel Regno Unito l’opinione pubblica è ampiamente favorevole a questo approccio» verso il suicidio assistito. La deputata scozzese ha citato un sondaggio secondo cui addirittura l’84% dei britannici vedrebbe positivamente una revisione della legge sulla morte assistita per malati terminali coscienti. Molti, tuttavia, diffidano dell’attendibilità di questa cifra, giacché un’altra indagine, con domande più approfondite sul tema, fa scendere la percentuale dei favorevoli al 43%.

Il fronte contro l’eutanasia

Ciò che è certo è che esiste un nutrito drappello parlamentare, a Londra, che difende strenuamente l’inviolabilità della vita fino alla morte naturale. Lo dimostrano i diversi interventi di segno opposto a quello della Jardine che si sono succeduti il 23 gennaio. Ne dà conto Right to Life UK. Fiona Bruce, deputata Conservatrice e presidente dell’intergruppo parlamentare All-Party Parliamentary Pro-Life Group, si è fatta portavoce delle preoccupazioni di associazioni di disabili: il rischio è infatti che questi finiscano per chiedere di morire per «paura di essere un peso». La Bruce ha quindi raccontato come l’approvazione del suicidio assistito possa spalancare le porte agli abusi, citando il Canada, dove – ha detto – la legge sarebbe ormai «estesa ai malati non terminali come quelli con depressione». L’esponente Conservatrice ha portato qualche esempio: «A luglio un uomo depresso, ma altrimenti sano, è stato ucciso con un’iniezione letale nonostante non fosse malato terminale. Un altro uomo affetto da una malattia neurologica ha registrato le parole del personale ospedaliero che gli offriva la morte assistita, nonostante egli avesse ripetutamente detto di non voler morire».

Gli esempi non mancano nemmeno al di qua dell’Oceano. La Bruce ha raccontato il caso di tre medici belgi sotto processo perché avrebbero sottoposto all’eutanasia una donna nonostante i familiari sostengano che non fosse malata in maniera incurabile, requisito necessario per accedere all’eutanasia in Belgio. Pertanto, ha osservato la Bruce, «il punto da notare è che, indipendentemente dalla formulazione dei criteri di ammissibilità nella legislazione, nella pratica le tutele vengono spesso ignorate e le persone vulnerabili e depresse vengono aiutate a porre fine alla loro esistenza». Di qui la sua proposta: «Invece di aiutare le persone vulnerabili a suicidarsi o ad accedere all’eutanasia, dovremmo cercare di migliorare l’offerta di cure palliative e di trattamento di salute mentale». All’appello della Bruce ha fatto eco Lisa Cameron, dello Scottish National Party, la quale, da presidente di un gruppo parlamentare che si occupa di disabili, ha affermato che «spesso, quando le persone affrontano malattie debilitanti o eventi di vita molto difficili, può venire in mente il suicidio. Concordo che in tali momenti dovremmo fornire un supporto psicologico migliore».

A Westminster giace intanto una proposta di legge sulle cure palliative, presentata nel 2017 dalla baronessa Ilora Finlay, membro indipendente della Camera dei Lord, che mira a rafforzare questo strumento di alleviamento del dolore dei malati. Intanto il segretario di Stato per la Giustizia, Robert Buckland, ha stroncato le velleità dei sostenitori dell’eutanasia, affermando che il governo non ha in programma un riesame della legge sul suicidio assistito. Oggi, venerdì 7 febbraio, la legge sulle cure palliative della baronessa Finlay è tornata in discussione: un buon segnale sarebbe quello di accelerare i lavori verso l’approvazione.

Tags: Christine JardinEutanasiaFiona BruceGran BretagnaIlora FinlayLisa CameronRegno UnitoRight to Life UKRobert Buckland
Federico Cenci

Federico Cenci

Dal 2013 al 2017 ha lavorato all’agenzia cattolica di stampa Zenit occupandosi di temi sociali e religiosi, bioetica, politiche familiari, nonché politica interna ed internazionale. Ha quindi proseguito l'attività con In Terris, e attualmente con vari giornali e periodici. Nel 2020 ha scritto il romanzo "Berlino Est 2.0 - Appunti tra distopia e realtà"

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