Last updated on Gennaio 5th, 2021 at 07:27 am
Oggi, 11 dicembre, ricorre la fondazione, nel 1946, dello United Nations International Children’s Emergency Fund, che dal 1953 si chiama UNICEF, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, ovvero una delle agenzie del “mondo nuovo e migliore” che si è voluto creare all’indomani della Seconda guerra mondiale (1939-1945). Nacque infatti per sovvenire alle necessità dei bambini vittime di quell’immane conflitto globale e poi si è trasformato naturalmente in un organismo per aiutare l’infanzia in difficoltà ovunque.
Più di una volta mi sono sentito apostrofare più o meno nei termini seguenti. Begli ipocriti siete voi pro lifer. Vi fate in quattro per difendere un grumo di cellule che nemmeno si vede o quello sgorbio che poco assomiglia alla biondona del primo piano e al fusto della porta accanto, persino per tutelare scherzi della natura malati ancora prima di venire al mondo, e, una volta nati, vi disinteressate completamente di loro. Non v’interessa più se campano male e di stenti o se muoiono di fame in famiglie che ammassano i propri numeri nei tuguri di fango sperduti di qualche bidonville.
Documentare la falsità di questa scemenza è un attimo, ma in casi così io ribalto sempre la questione. Voi che difendete l’infanzia, dove inizia per voi l’infanzia che dite di difendere? Quando un bimbo è nato? E cosa significa «nato»? Se è a metà del cammino fuori dall’utero materno è eliminabile? E a tre quarti? E a quattro quinti? In effetti qualcuno lo pensa, ma voi, i difensori dell’infanzia, come la pensate? E il bambino che è ancora tutto nel grembo della mamma in cui è cresciuto per nove mesi, ma è pronto a farlo, girato come si conviene dalla parte giusta? Qual è il punto esatto in cui per voi scatta burocraticamente la vita umana e si può mettere la crocetta sulla casella “bimbo da aiutare”?
Qual è la differenza fra un bambino che sta per nascere e un bambino nato? Immagino infatti esista, giacché voi ne fate una questione di vita o di morte.
Quando un bambino passa da scherzo, sgorbio e grumo a quell’essere in sé perfetto che diventerà un Premio Nobel o un non meno degno oscuro ciabattino?
Quando, cari signori, l’infanzia deve essere aiutata e quando può invece essere sacrificata? In quale momento, signori dell’UNICEF, scegliete di definire umano un essere che nasce da un altro umano e per quale motivo?
Io non vedo infatti cesure, e la scienza è totalmente contro di voi. Non vi è alcuna plausibilità scientifica per chi pensa che l’essere umano diventi tale solo a un certo stadio della sua vita prenatale. Da una mamma umana non nascerà mai, infatti, una giraffa così come da una giraffa non potrà mai nascere un orso o una mamma umana. Non c’è soluzione di continuità fra una cellula umana uovo fecondata da uno spermatozoo umano e un Premio Nobel che si copre di gloria nel mondo se il suo ciabattino gli risuola le scarpe al momento giusto.
Come decidete, dunque, voi dell’UNICEF, quale bambino aiutare e quale bambino sopprimere?
Sì, perché l’UNICEF sostiene apertamente che alcuni bambini si debbano aiutare e che altri si possano sopprimere. Basta una rapida ricerca su Google, incrociando le parole «UNICEF», «abortion» e «reproductive health» per trovare materiale in abbondanza. A me oggi basta un solo elemento, un documento che l’HRP ha preparato per il 28 settembre di quest’anno. Il 28 settembre è infatti la Giornata internazionale dell’aborto. Lorsignori aggiungono «sicuro» e mi domando sicuro per chi, visto che, come minimo, uno degli interessati muore, smembrato a pezzi.
Ora, la sigla HRP sta per «Special Programme of Research, Development and Research Training in Human Reproduction», ovvero «Progamma speciale di ricerca, sviluppo e formazione alla ricerca nella riproduzione umana». Già il nome suona a metà fra il laboratorio delle cavie e la freddezza del castello degli orrori dove si sperimenta su donne e uomini. Ma il bello è che questo programma è una joint-venture fra Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), UNICEF, Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e Banca mondiale.
Il documento predisposto dall’HRP per il 28 settembre di quest’anno s’incentra sulla «prevenzione dell’aborto insicuro nel contesto del CoViD-19». Viste le gravi responsabilità ormai accertate dell’OMS nel coprire ritardi e fake news del governo neo-post-nazional-comunista cinese sulla pandemia da nuovo coronavirus suona un po’ come voler curare il cancro spegnendo il malato. Il punto qualificante qui è invece che le vittime delle «prevenzione dell’aborto insicuro nel contesto del CoViD-19» organizzata da questi poteri forti, tra cui l’UNICEF che si dovrebbe occupare di alleviare le sofferenze dell’infanzia, non sono affatto dei malati. Sono essere umani: bambini che hanno solo la colpa di aspettare nel seno delle proprie mamme il momento di nascere. Li chiamano «gravidanze indesiderate» e a me ricorda l’ironia di «Arbeit Macht Frei».
Ora, il progetto voluto dall’HRP creato da UNDP, UNFPA, UNICEF, OMS e Banca mondiale si prefigge di implementare strumenti e strutture che assicurino la «salute sessuale e riproduttiva» delle donne del mondo, anche perché in diverse parti del mondo la «salute sessuale e riproduttiva» delle donne è ‒ dicono ‒ limitata e ancor più difficile in tempi di pandemia.
Fra gli strumenti identificati all’uopo vi è anche la «telemedicina», che detta così sembrerebbe magari pure una cosa simpatica e che invece è la prescrizione a distanza delle pillole abortive senza nemmeno passare giù in studio.
Ora, non c’è nemmeno bisogno di accusare l’HRP creato da UNDP, UNFPA, UNICEF, OMS e Banca mondiale di nascondere la morte dietro paroline dolci, perché è proprio l’HRP creato da UNDP, UNFPA, UNICEF, OMS e Banca mondiale a spiegare, in quello stesso documento del 28 settembre 2020, che «salute sessuale e riproduttiva» significa tranquillamente contraccezione e aborto, strumenti «cruciali per evitare gravidanze indesiderate e gli aborti insicuri che ne conseguono». Sempre la storia del «lavoro rende liberi».
Dice inoltre il documento del 28 settembre che «più forti collaborazioni a livello nazionale, regionale e globale sono in grado di promuovere strategie vincenti che garantiscano questi servizi essenziali e questi diritti umani». Sì, per UNDP, UNFPA, UNICEF, OMS e Banca mondiale l’aborto è un diritto umano. Ho fatto bene ieri a dire che la Giornata dei diritti umani è una pagliacciata insopportabile, che invece di alleviare le sofferenze le moltiplica, se non si parte dal primo di tutti i diritti umani, ovvero dal diritto alla vita contro la peste dell’aborto, della contraccezione e della sterilizzazione.
Ebbene, queste «più forti collaborazioni a livello nazionale, regionale e globale […] in grado di promuovere strategie vincenti» hanno nomi e cognomi, e a farli è il documento del 28 settembre stesso: DKT International, Ipas, International Planned Parenthood Federation, Marie Stopes International, Pathfinder International, Population Service International e altri di questa fatta.
Ovvero: l’UNICEF collabora scopertamente con i più vasti, potenti e danarosi abortifici mondiali. Quando vi chiederanno di versare l’obolo per i bambini del mondo, magari con la lacrimuccia che pencola, chiedetevi e chiedete loro quel denaro cosa finanzia. Tutto questo sta lì da leggere sulla pagina che l’HRS ha creato per la Giornata internazionale dell’aborto “sicuro” (virgolette mie). Che cade il 28 settembre. Il 28 settembre è il giorno in cui io sono nato e lorsignori celebrano l’aborto. Io, sopravvissuto a lorsignori, non ci vedo più dalla rabbia con l’UNICEF.
Commenti su questo articolo