Last updated on Maggio 25th, 2021 at 03:05 am
Martedì 27 aprile sarà un giorno decisivo per la libertà di opinione in Europa. Verrà infatti discusso il ricorso presentato da Maya Forstater, visiting fellow con un contratto da consulente (in ambito fiscale) nell’ufficio londinese del Centre for Global Development, un think tank statunitense con sede a Washington che si occupa di sviluppo internazionale, licenziata nel marzo 2019 per un tweet giudicato “omofobo”. Commentando la proposta avanzata dal governo britannico per l’autoidentificazione di genere, la donna aveva infatti scritto che «gli uomini non possono trasformarsi in donne». Tanto è bastato.
La sentenza di primo grado, arrivata a fine 2019, le fu sfavorevole: la sua affermazione venne infatti definita non «degna di rispetto in una società democratica». Secondo il giudice di allora, per godere della protezione sancita dalla decima sezione (dedicata a religione e credo) dell’Equality Act, la legge che dal 2010 protegge i cittadini britannici dalle discriminazioni, occorre che un convincimento filosofico soddisfi i cinque criteri stabiliti nella sentenza con cui si è concluso, sempre nel 2010, il caso Grainger plc v Nicholson sulla protezione dei lavoratori dalle discriminazione religiose: un credo deve essere sostenuto con sincerità; deve essere una «convinzione» e non di un’«opinione»; deve riguardare un aspetto importante e sostanziale della vita e del comportamento umano; deve caratterizzarsi per «un certo livello di forza, serietà, coerenza e importanza»; e deve essere «degno di rispetto in una società democratica, non incompatibile con la dignità umana e non in conflitto con i diritti fondamentali».
Quella della Forstater è stata invece giudicata una mera opinion, capace inoltre di determinare «un clima degradante, intimidatorio, ostile, umiliante e offensivo», motivo per cui il suo principale avrebbe avuto tutto il diritto di licenziarla. Del resto, secondo il giudice è falsa l’opinione della donna secondo la quale i sessi sono due, giacché vi sarebbero «prove scientifiche significative» del contrario.
Ora, com’è stato giustamente notato, i criteri stabiliti dalla sentenza Grainger plc v Nicholson hanno permesso di applicare le tutele della sezione 10 dell’Equality Act a chi crede nel nazionalismo scozzese, al veganismo su base etica, alla necessità di agire in fretta per fermare i cambiamenti climatici della Terra e pure allo stoicismo greco antico, ma le parole del giudice che nel 2019 ha condannato la Forstater per “omofobia” ritengono invece che le parole del capitolo primo, versetto 27 del libro della Genesi («maschio e femmina li creò») siano hate speech.
Il caso Forstater ha del resto avuto eco particolarmente vasta per il tweet lanciato in sua difesa da parte della scrittrice J.K. Rowling.
L’autrice della saga di Harry Potter lo ha infatti detto cristallinamente: «Vestitevi come volete. Chiamatevi come vi pare. Andate a letto con qualsiasi adulto consenziente che ci stia. Vivete la vostra miglior vita possibile in pace e tranquillità. Ma licenziare delle donne perché dicono che il sesso è una cosa reale?».
Quello di Maya Forstater è però tutt’altro che un caso isolato. Alcuni anni fa, nell’Università di Louisville, in Kentucky, fu licenziato Allan M. Josephson, primario di Medicina pediatrica. Dopo 43 anni di servizio, il navigato docente, nel corso di una tavola rotonda, aveva affermato che il gender non ha basi scientifiche, perché «dovrebbe avere la meglio su cromosomi, ormoni e organi riproduttivi».
Nell’Università del Sussex a Falmer è finita nell’occhio del ciclone la professoressa Kathleen Stock, cui è stata contestata l’attribuzione del titolo di Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico per le sue idee anti-gender. Contro la docente di Filosofia si sono scatenati gli hater in rete, ma non sono mancati nemmeno gli studenti che ne hanno chiesto il licenziamento e le censure da parte del sindacato. Tutti i colleghi favorevoli alle posizioni della Stock sono dovuti rimanere in silenzio per non rovinarsi la reputazione.
Direttamente collegata al caso Rowling è la vicenda di Sasha White, giovane dipendente della Tobias Literary Agency negli Stati Uniti d’America, da cui è stata allontanata per aver espresso solidarietà alla Rowling quando fu lei a finire sulla graticola. «È vero: sono stata licenziata ieri sera per la mia posizione femminista», disse all’epoca la White, sorta di “LGBT+ moderata” secondo cui «il gender non conformista è meraviglioso, negare il sesso biologico no». Oltretutto la White ha sempre rifiutato l’assurdità di usare pronomi neutri. «Non c’è spazio per sentimenti anti-trans. Punto. Così ci siamo separati da Sasha», ha dichiarato il suo editore, che subito effettuò una donazione a mo’ di risarcimento simbolico a un ente di beneficenza per persone transgender di colore.
Chi volesse, può contribuire qui alle spese legali di Maya Forstater.