Le evoluzioni legislative in termini di libertà educativa non vanno sempre necessariamente nella direzione dell’ideologia gender. Nella Provincia Autonoma di Trento, per esempio, è stato depositato un disegno di legge che, se approvato, renderà praticamente impossibile l’adozione di progetti didattici di stampo arcobaleno in tutte le scuole di ordine e grado.
L’iniziativa porta la firma dei consiglieri provinciali Claudio Cia (Fratelli d’Italia), Luca Guglielmi (Lista Fassa), Alessia Ambrosi (Fratelli d’Italia) e Katia Rossato (Fratelli d’Italia). Ad appoggiare il disegno di legge è anche il presidente del Consiglio Provinciale, Walter Kaswalder (Partito Autonomista Trentino Tirolese). Nel concreto, si tratta di una serie di modifiche della Legge Provinciale n°5/2006 sulla scuola, che, senza tradirne lo spirito originario, imprimono una direzione molto marcata a favore della legge naturale.
Ideologia gender bandita in ogni caso
Viene innanzitutto inserita e tutelata in modo esplicito la «libertà di scelta delle famiglie anche a favore della scuola paritaria» (Art.1.2). L’intervento più massiccio, comunque, consiste nell’adozione dell’articolo 18bis, che rimarca la natura «facoltativa» di «tutte le attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio».
In particolare, per ciò che riguarda le «attività relative all’educazione affettiva o sessuale, alla salute riproduttiva o al genere e all’identità sessuale», va inviata «un’informativa specifica e dettagliata» ai «genitori dei minori» o agli «studenti maggiorenni almeno una settimana prima dell’inizio dell’attività».
Le famiglie dovranno cioè essere informate sull’«ente o associazione proponente» l’attività didattica, così come sugli «eventuali questionari e test somministrati», sugli «eventuali patrocini o enti finanziatori», sull’«obiettivo specifico perseguito» e sulle «strategie utilizzate per raggiungerlo». Nella scuola primaria e secondaria, poi, l’assenso dei genitori alla didattica andrà esplicitato «in forma scritta».
Tra gli altri passaggi rilevanti della riforma proposta dai quattro consiglieri di centrodestra, la rimozione dalla scuola «per almeno un triennio» delle associazioni o enti proponenti che non rispettino le «indicazioni presenti nelle informative». In ogni caso, in tutte le «scuole di ogni ordine e grado» saranno comunque banditi i progetti o le attività «basati sulla prospettiva di genere, che promuovano la fluidità di genere o dell’identità sessuale, oppure che insegnino a dissociare l’identità sessuale dal sesso biologico».
La consigliera FdI: «Ma quale discriminazione…»
Alessia Ambrosi, una dei quattro consiglieri proponenti, si è battuta a suo tempo contro l’approvazione del «ddl Zan». In quelle circostanze, fece notare una contraddizione: «Perché nella stessa scuola dove si è deciso di non fare educazione sessuale adesso vogliamo spiegare che cosa sia l’omosessualità?». Per cui, osserva la consigliera di Fratelli d’Italia, contattata da «iFamNews», «nella stessa scuola che non ti spiega nulla delle dinamiche che ruotano attorno alla sfera sessuale, andare a parlare di omosessualità, che comunque significa dover partire dal tema dell’orientamento sessuale, rappresenta una forzatura».
Dal momento in cui «in questi due anni di pandemia, i nostri ragazzi hanno “già dato”, lasciamoli in pace, non facciamone strumenti o destinatari di concetti di propaganda ideologica». Ecco, dunque, la ragione della proposta di legge provinciale la quale, aggiunge ancora il consigliere Ambrosi, non calpesta affatto le «battaglie contro violenze e discriminazioni di genere», che «non conoscono colore politico ma riguarda tutti noi». È sufficiente, allora, basarsi sugli «insegnamenti sui diritti costituzionali», sull’«educazione civica» e sulla «lotta al bullismo, nel rispetto tra i compagni e le insegnanti e nei confronti dei compagni più fragili».
Secondo Alessia Ambrosi, il Partito Democratico, centro propulsore di tutte le politiche gay friendly, a partire da quelle educative, è «paradossalmente» diventato «il partito che mette più a rischio quegli spazi di libertà di espressione che sono vitali in un Paese civile e avanzato».
Con il risultato che, com’è avvenuto prima delle elezioni amministrative nella polemica scatenata dalle parole del vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti, «non si può più dire una parola senza che si venga attaccati, giudicati. Un tempo la sinistra era la sinistra di popolo, adesso la sinistra è diventata la sinistra di maestrini spocchiosi che non solo ci dicono cosa si può o non si può dire, ma anche come è corretto o non corretto pensare», conclude la Ambrosi.