Oramai è guerra aperta tra Ron DeSantis e la Disney, dopo che il governatore Repubblicano della Florida ha firmato la Parental Rights in Educational Law, ribattezzata polemicamente dagli oppositori «Don’t Say GAY» visto che la legge vieta lezioni improntate all’ideologia gender nelle scuole elementari.
Il colosso dell’entertainment ha infatti preso pubblicamente posizione contro la legge, arrivando persino a minacciare il blocco delle donazioni a campagne politiche che l’azienda consideri “nemiche”.
Ma non finisce qui, perché, per tutta risposta, De Santis ha deciso di sospendere l’esenzione fiscale riservata alla Disney. Indispettito dall’invadenza politica della casa di produzione, il governatore ha revocato lo status particolare garantito sin dal 1967 dal Reedy Creek Improvement District all’enorme area su cui sorge il parco a tema Walt Disney World Resort, ovvero un privilegio fiscale che ha permesso all’azienda di risparmiare, negli anni, centinaia di milioni di dollari in tasse. Ora, a far data dal 1° luglio 2023, cambierà tutto, visto che il provvedimento restrittivo proposto da De Santis ha ottenuto la maggioranza dei voti.
Così la Disney vive ora divisa tra inchini alle lobby LGBT+, un futuro economico sempre più incerto (viste anche le ricadute che queste tensioni stanno avendo in Borsa) e il malcontento di diversi dipendenti per le uscite infelici dell’azienda, sfociato in una lettera aperta in cui si contesta l’«ambiente di paura» vigente per chi non si adegui alle politiche «esplicitamente progressiste» perseguite internamente. Per non parlare poi dell’indignazione di tantissimi genitori, alcuni dei quali si sono dati appuntamento davanti alla sede principale della Disney, a Burbank, in California, per dire basta alla linea vergognosamente ideologica assunta all’azienda.
Come riferisce l’agenzia spagnola InfoCatólica, sono già centinaia i viaggi a Disney World che le famiglie statunitensi hanno annullato e così come numerosi le sospensioni di abbonamenti alla piattaforma Disney plus.
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