Last updated on Febbraio 28th, 2020 at 06:46 am
La poca simpatia per l’ideologia gender e LGBT+ nei Paesi dell’Est europeo è nota dal 2018, grazie a una ricerca effettuata dal Pew Research Center da cui emergono due fattori: la diffusa religiosità delle popolazioni e la percezione ‒ meno evidente, ma reale ‒ che questo di tipo di “diritti civili” mirino a imporre una nuova ideologia, totalitaria quanto quella comunista del passato. Da quella ricerca emerge infatti che le «maggioranze in tutti i Paesi dell’Europa occidentale presi in considerazione sono favorevoli al matrimonio tra persone dello stesso sesso, mentre le maggioranze in quasi tutti i Paesi dell’Europa centrale e orientale vi si oppongono». Per esempio l’88% degli adulti in Svezia e il 75% in Germania si dichiarano «[…] favorevoli o fortemente favorevoli alla legalizzazione del matrimonio tra gay e lesbiche», laddove «il 74% dei rumeni e il 79% dei bulgari si oppongono o si oppongono fermamente».
Una seconda ricerca effettuata dal Pew Research Center nel 2019 evidenzia come la maggior parte degli adulti nei 15 Paesi dell’Europa occidentale intervistati già nel 2017 fosse favorevole al “matrimonio” omosessuale, e tra questi circa sei su dieci italiani e tre quarti degli svizzeri. La percentuale risultava ancora maggiore in Svezia (88%), in Danimarca (86%) e nei Paesi Bassi (86%). Al contrario, le popolazioni dell’Europa centrale e orientale si dichiaravano ampiamente contrarie. Solo il 5% dei russi e il 9% degli ucraini, per esempio, «affermano di essere favorevoli al matrimonio tra persone dello stesso sesso, stando i sondaggi condotti nel 2015 e nel 2016. Le percentuali di Polonia (32%) e Ungheria (27%) sono più alte, anche se i polacchi e gli ungheresi favorevoli al matrimonio omosessuale rimangono una minoranza. La Repubblica Ceca è l’unico dei 19 Paesi monitorati nell’Europa centrale e orientale in cui la maggioranza degli adulti (65%) sia favorevole al matrimonio gay».
Gli “illiberali”
Ora, nei giorni scorsi il prestigioso quotidiano francese Le Monde ha pubblicato un reportage su quella che definisce la «guerra del gender» dichiarata dall’Est, ovvero il rifiuto dei Paesi dell’Europa centrale e orientale di accettare l’ideologia LGTB+ dove si marchia il dissenso come frutto di movimenti cattolici, estremismi politici di destra e “agenti esterni”. Non è però così. Meglio ancora: movimenti e partiti politici cercano di cavalcare l’onda di un dissenso che nei Paesi dell’Est cresce, ma non ne sono all’origine.
A quelle latitudini la contrarietà all’ideologia e ai nuovi “diritti LGBT+” è percepita come l’unica reazione possibile per popoli che hanno subito 60 anni di regime comunista e, nonostante questo, mantenuto viva la radice della fede cristiana, cattolica o ortodossa che sia. L’imposizione della nuova ideologia e dei “nuovi diritti” provoca così una doppia reazione: l’Europa e l’Occidente, che negli anni 1990 erano percepiti come protagonisti della liberazione dal comunismo, ora appaiono gli oppressori. Cresce, di conseguenza, l’antieuropeismo. L’affermazione di Le Monde, dunque, secondo cui in Polonia, in Ungheria, in Bulgaria, in Romania e altrove all’Est «[…] la questione degli LGBT è diventata un cavallo di battaglia dei governi», e «in molti di questi Paesi della UE sono nate alleanze anti-LGBT tra “illiberali”, movimenti cattolici od organizzazioni di estrema destra», è semplicemente scorretta.
I “fascio-cattolici”
Falso è altresì affermare, come il quotidiano francese fa, che vi siano “agenti” stranieri che fomentano l’odio, e tra questi CitizenGo (la piattaforma che promuove petizioni internazionali), il World Congresso of Families (WCF), l’International Organization for the Family (IOF, l’editore di “iFamNews”) che promuove il WCF e il russo Alexey Komov (membro del consiglio direttivo del WCF e di CitizenGo). Una prova semplice della falsità gratuita delle affermazioni di Le Monde? Definire Komov un influente promotore del progetto russo di destabilizzazione europea, attuato mediante le battaglie contro la ideologia LGBT+, è lunare. Che dire allora dell’ex cancelliere Socialdemocratico tedesco Gerhard Schröder, convinto promotore dei “diritti LGBT+” e oggi capo del consorzio Nord Stream AG (che si occupa del gasdotto che collegherà la costa russa a quella tedesca passando per il Mar Baltico) nominato dal colosso russo del gas Gazprom? Se ne deve concludere che Komov sia più potente di Schröder oppure che Schröder rappresenti meglio gli interessi russi, ben distanti da battaglie di tipo ideologico?
Ancora. I polacchi non sopportano i russi: mai e su nessun argomento, né per alcuna battaglia culturale, si legherebbero a loro. Il cristianesimo maggioritario nei quattro Paesi citati è inoltre molto diverso: tra le Chiese ortodosse bulgara e romena da un lato e la Chiesa cattolica latina polacca dall’altro non esiste alcuna relazione, così come non esiste tra le migliaia di petizioni che ogni giorno CitizenGo pubblica in ogni parte del mondo e le iniziative del Partito Popolare Conservatore Estone (EKRE) citato da Le Monde.
La IOF? Questa organizzazione, che promuove il matrimonio e la famiglia naturali, né può essere indiziata di alcun discorso fomentatore di odio né può essere accusata di alcunché solo per aver organizzato il WCF in Ungheria e in Italia. Se invece lo scopo del reportage di Le Monde fosse quello di affermare che i cattolici siano fascisti e che i “fascio-cattolici” dell’Europa dell’Est promuovano odio e razzismo, allora questo sì sarebbe ingiusto, sbagliato e offensivo. Promuovere il bando e la censura in Europa, e discriminare contro chiunque creda, promuova e difenda l’intangibilità della natura umana, il matrimonio, la famiglia naturale è inaccettabile, discriminatorio e totalmente incivile.
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