I NOSTRI BAMBINI
L’intero processo educativo ha come primo e radicale punto di riferimento la domanda: Chi è il nostro bambino?
La risposta si articola in due ‘momenti’:
Da un lato, ogni bambino è il frutto dell’amore reciproco dei suoi genitori, che si manifesta in un’unione meravigliosa – l’unione intima – che è l’atto d’amore più specifico del matrimonio. Dall’altro, più fondamentale, è il frutto diretto dell’Amore infinito di Dio, che, nel momento stesso della procreazione, le conferisce l’anima e, con essa, l’essere personale.
Ogni bambino è la sintesi vitale dell’amore reciproco dei genitori e dell’Amore infinito di Dio, che pone l’anima e, con essa, l’essere personale.
Causa dell’essere, causa dello sviluppo.
Il lavoro educativo deve essere letto alla luce di questi principi e della profonda affermazione di Tommaso d’Aquino, che si riferisce proprio al bambino e alla sua educazione:
“Ciò che è stato la causa dell’emergere di una realtà deve essere anche la causa del suo sviluppo”. Nato dalla più intima unione d’amore tra i coniugi, per crescere e svilupparsi, il bambino ha bisogno innanzitutto, più che dell’amore dei genitori per lui o lei, dell’amore dei genitori l’uno per l’altro, l’amore che continua ad unirli reciprocamente e che trabocca per il bene dei figli.
Per svilupparsi, ogni bambino ha bisogno dell’amore che lega i suoi genitori l’uno all’altro, piuttosto che dell’amore che è diretto verso di lui.
NON SCAVALCA MAI IL CONIUGE
Prima e chiarissima conseguenza educativa: i genitori devono sempre incrementare l’unione derivante dal loro amore reciproco e rendere questo amore e questa unione visibili al bambino.
Il rovescio della medaglia di questo principio potrebbe essere espresso dicendo che nessuno dei due coniugi dovrebbe mai rinnegare l’altro davanti ai figli – mai!
Non nel momento in cui il coniuge dà l’indicazione. Anche quando è pienamente convinto che il suggerimento è inappropriato, un coniuge non dovrebbe mai cedere alla tentazione di “correggere” o “rinnegare” l’altro davanti ai figli.
Non deve nemmeno essere fatto da solo con il figlio o la figlia: né in generale (“sai che mamma/papà spesso esagera”), né in particolare (“non dargli retta, questa volta si sbaglia”).
Tanto meno si deve permettere lo sfortunato lusso di fare commenti ironici, in presenza o in assenza del coniuge: l’ironia mina alla radice l’armonia familiare e coniugale.
In definitiva, ciò che conta non è chi ha ragione: la soluzione più o meno giusta ha un impatto infinitamente minore sullo sviluppo e sull’educazione dei figli rispetto all’unità dei genitori quando confermano incondizionatamente la posizione del coniuge. La soluzione concreta di un problema è infinitamente meno importante del fatto che i coniugi siano uniti nell’amore.
Positivo: sempre con il mio coniuge!
Anche il rovescio del principio è chiaro: ogni coniuge deve fare ogni sforzo per mostrare ai figli la propria unione e il proprio accordo con l’altro coniuge.
Ricordo spesso che se un figlio o una figlia viene a chiedere al padre il permesso di fare o non fare qualcosa… è perché la madre lo ha negato.
Su una nota più seria: la risposta a qualsiasi richiesta da parte di un bambino dovrebbe venire da sé: “Cosa ti ha detto papà (o mamma)”… e confermare la posizione del coniuge.
Se pensiamo che lui o lei non abbia ragione, e si tratta di una questione seria, ne discuteremo da soli tra di noi e colui che ha preso l’iniziativa, se ha sbagliato, parlerà di nuovo con il bambino per avvertirlo che, grazie all’altro coniuge, si è reso conto di essere in errore.
Ma c’è di più… ed è più difficile… ed esprime una maggiore raffinatezza interiore: ogni volta che, da sola con un figlio e senza la possibilità di consultarmi con il coniuge, devo rispondere a una richiesta o a una consultazione, cercherò di farlo tenendo conto di ciò che il mio coniuge penserebbe e sentirebbe al riguardo: Se Dio ha disposto che ci siano due genitori per ogni figlio, è anche perché la posizione e il modo di essere di ciascuno siano temperati e ammorbiditi – o, a seconda dei casi, rafforzati – con quelli del coniuge: soprattutto quando è assente.
Dio ha previsto un padre e una madre per ogni bambino, in modo che le due personalità possano anche addolcirsi o rafforzarsi a vicenda. Infinitamente più figlio di Dio che nostro figlio.
La seconda chiave maestra, e la prima per importanza, è che il bambino – nostro figlio – è infinitamente e direttamente più figlio di Dio che nostro figlio. E il suo destino ultimo e definitivo è quello di entrare per sempre in quello stesso Amore che gli ha dato l’essere.
Se tutto l’amore consiste nello spostare il centro di gravità da se stessi alla persona amata, quello dei genitori assume la forma di scomparire a beneficio di ogni figlio, se non nella stretta misura in cui contribuiscono ad aiutarlo a ripercorrere il cammino verso l’Amore infinito da cui è emerso e che lo sostiene nell’essere e nella vita.
I miei gusti, le mie preferenze, il mio modo di essere, il mio temperamento, i miei capricci, le mie aspettative più legittime, i miei sogni… non contano nulla!
L’unica cosa che conta è aiutare il bambino a scoprire le sue qualità migliori (quelle che indicano la “via del ritorno”) e ad acquisire il vigore sufficiente per metterle liberamente in gioco a beneficio di coloro che lo circondano.
Solo in questo modo la metteremo in condizione di svilupparsi e di essere felice.
La mia missione come genitore è quella di scomparire, tranne nella misura in cui posso aiutare il bambino a ripercorrere il cammino che lo renderà un partner dell’amore di Dio per l’eternità.
Un amore infinito per la libertà di ogni bambino.
Amore… infinito? Per quale motivo?
Mi limiterò a un paio di ragioni strategiche, per così dire.
Posso far crescere una pianta “dall’esterno”, migliorando le condizioni ambientali, concimando in modo adeguato, annaffiando nel modo giusto e al ritmo giusto. Ma non posso far crescere mio figlio “dall’esterno”.
L’essere umano si sviluppa come persona, e quindi è felice, solo nella misura in cui mette in gioco la propria libertà.
La migliore delle azioni, a parte la libertà, non aggiunge nulla – assolutamente nulla, NULLA – allo sviluppo personale.
Anche se comporta un rischio considerevole, se vogliamo davvero aiutarli, noi genitori siamo ‘condannati’ a rispettare, incoraggiare e amare la libertà dei nostri figli – anche quando agiscono in un modo che non approviamo.
Dio rispetta e ama la loro libertà… fino al punto di dare la Sua vita per essa.
Chi siamo noi – chi sono io – per fare ammenda a Dio?
Senza un amore incondizionato per la libertà di ogni bambino, qualsiasi tentativo di partecipare alla sua educazione è inutile o dannoso.