Le castagne. Cibi poveri e ricchezza d’amore

La bellezza della famiglia attraverso storie, apologhi, aneddoti e spunti che oggi «Nostradomus» raccoglie per seminare un domani migliore

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La bellezza della famiglia attraverso storie, apologhi, aneddoti e spunti che oggi «Nostradomus» raccoglie per seminare un domani migliore

Oggi, nei ricettari moderni dedicati al «mangiare di stagione» o alla cucina di una volta, il castagnaccio è proposto come un dolce rustico ma ricco, ideale per i mesi freddi. Si confeziona con la farina di castagne, l’olio, la scorza d’arancia, noci, pinoli, uvetta e zucchero. Un tempo invece, a partire dall’Appennino Toscano e diffuso poi in tutta Italia, nelle zone montuose ricche di castagneti, si preparava solo con farina di castagne e acqua, con l’aggiunta giusto di un poco di olio (se c’era…).

La castagna infatti era un frutto povero, quasi regalato dalla natura senza necessità che di raccoglierlo, benché chi viveva accanto al bosco sapesse bene quanto questo fosse integrato nell’economia familiare degli abitanti di quelle zone e quanto fosse importante mantenerlo pulito, per godere a seconda della stagione dei suoi frutti, delle sue bacche, della legna e dei funghi.

Oggi la castagna è un frutto povero solo per modo di dire, usato nell’alta pasticceria per confezionare marron glacé deliziosi e un dolce, il Mont Blanc, ricchissimo e goloso. Qualcuno ancora prepara il castagnaccio in casa, in questa stagione, ma è divenuto un gioco di tradizione, di gusti e sapori, non certo di sussistenza.

Non era così una volta, quando sono nate numerose leggende legate a questo bel frutto lucido e marrone, racchiuso in un guscio spinoso che pare gli sia stato imposto dal Diavolo, geloso del dono del Signore agli uomini: sarebbe questo il motivo per cui, quando si spacca per esporre la castagna, il riccio lo fa in forma di croce.

Un’altra leggenda contadina di un’Italia povera sino all’indigenza ha origine in Valtellina, anzi più precisamente in Val Masino, nel paese di Sant’Antonio. Essa narra che una mamma, che nulla aveva da cucinare per sfamare i suoi figli, pose sul fuoco una pentola con alcuni ciottoli, per distrarli fingendo che cuocessero le castagne, sperando che nel frattempo i bambini si addormentassero e che arrivasse presto l’indomani. I piccoli però, affamati, non cedevano al sonno ma quando la donna tolse la pentola dal focolare, rassegnata a dir loro la verità, scoprì che i sassi si erano tramutati in castagne e, almeno per quella sera, tutti si coricarono con la pancia piena.

Fa tenerezza pensare a questa povera donna senza neanche il cibo per una cena per i bambini, ma le risorse delle mamme, si sa, non hanno limiti.

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