Last updated on aprile 6th, 2021 at 05:23 am
Oggi, 31 marzo 2021, ricorre la dodicesima Giornata internazionale per la visibilità transgender, nata nel 2009 come International Trangender Day of Visibility (TDoV) per iniziativa dell’attivista Rachel Crandall, che non capiva come mai esistesse una giornata dedicata alle presunte vittime transessuali di odio o di violenza, ma non una all’insegna dell’orgoglio per tale condizione.
Evidentemente in dodici anni sono stati fatti passi da gigante se invece ciò che traspare dalla comunicazione, dai social media e dal mondo della pubblicità sembra proporre una situazione di segno opposto.
Ultima in ordine di apparizione, la multinazionale statunitense Procter&Gamble, che si occupa di beni di largo consumo con sede a Cincinnati, in Ohio, sarà sponsor della campagna di advertising del TDoV attraverso lo spot di uno shampoo prodotto dalla Pantene. E un dollaro sarà donato all’organizzazione LGBT+ Family Equality (fino a raggiungere la somma complessiva di 100mila dollari statunitensi) per ogni foto di famiglia condivisa utilizzando l’hashtag #BeautifuLGBTQ sui social media.
Lo spot mette in scena Sawyer, maschietto trans, e le sue due “madri” lesbiche. Dopo un “percorso” di transizione sessuale evidentemente molto precoce, Sawyer raggiunge la serenità grazie ai lunghi capelli chiari e a uno shampoo adatto alle sue chiome. Più stereotipato, trito e noioso di così si muore, ma, si sa, Twitter fa miracoli e il mainstream logora chi non lo pratica.
Ora, l’immaginario/a Sawyer è persona libera, ma dal caffè italiano a quello belga a quello d’Oltreoceano, dai tamponi mestruali per «chiunque avverta il bisogno di usarli» sino appunto allo shampoo, non pare che la visibilità trans stia oggi particolarmente soffrendo, trascurata e vilipesa. Anzi.
Lo dicono le statistiche e le ricerche, lo dice un autore come Alberto Contri, già presidente di Pubblicità Progresso, che si occupa, nello specifico, di comunicazione e di pubblicità, e che mette in guardia dal fenomeno del rainbow-washing, “candeggiatura arcobaleno” di qualsiasi cosa, allo scopo esclusivo di vendere, vendere, vendere.
Peccato però che così stiano comprando i nostri figli e le nostre figlie, mentre la nostra generazione pensa di correre a incardinare il «testo unico Zan».